LUME V’È DATO A BENE E A MALIZIA di Letizia Gariglio
La cosmologia dantesca propone una visione morale del mondo, dove Dio è motore e creatore del tutto. Anche i cieli e le stelle hanno a loro volta caratteristiche e particolari influenze, agendo sul piano causale: il moto dei pianeti, infatti, non è espressione di pure leggi meccaniche, ma agisce esso stesso in modo intelligente nei confronti della Terra e dei terrestri. Nella concezione aristotelica/tolemaica che Dante segue, la Terra e l’uomo sono al centro dell’universo. La Terra si divide in due emisferi: quello a Sud dalle masse di acque oceaniche, mentre quello a Nord è costituito dalle terre emerse in cui l’uomo vive.
Insieme ai cieli furono creati gli angeli, alcuni dei quali, capeggiati a Lucifero, si ribellarono; in seguito all’atto di rivolta contro Dio, Lucifero si trova all’Inferno, posto conficcato a testa in giù (in posizione fisica e morale), con capo e tronco in emisfero Sud e gambe in emisfero Nord. Si formò così nella terra una voragine a imbuto rovesciato, che creò l’Inferno e, per controbilanciamento, si erse dalle terre emerse il Purgatorio, che parte con base ampia e finisce via via restringendosi verso l’alto. Fuori dalla terra, in cielo, è situato il Paradiso: a esso il Poeta accederà passando per nove cieli (o stelle o pianeti) che ruotano in modo concentrico. Dante ci dice quali sono le influenze che, secondo gli insegnamenti tolemaici, ciascun pianeta esercita sulle creature viventi sulla Terra, determinate dalle specifiche intelligenze legate ai singoli cieli .
Nell’ordine dell’universo le creature superiori riconoscono il valore del Creatore, che è fine ultimo cui l’ordine stabilito tende. Grazie a questo ordine tutte le specie naturali ricevono una inclinazione, che varia a seconda del destino che è stato loro assegnato, a seconda del grado di vicinanza delle anime con Dio; in conseguenza di ciò ciascuna di loro si muove verso mete diverse (per lo gran mare dell’essere). (Paradiso, I, 106/117): «Qui veggion l’alte creature l’orma / dell’etterno valore, il qual è fine / al quale è fatta la toccata norma. / Nell’ordine ch’io dico sono accline / tutte nature, per diverse sorti / più al principio loro e men vicine; /onde si muovono a diversi porti / per lo gran mare dell’essere, e ciascuna / con istinto a lei dato che la porti». L’ordine, tuttavia, non riguarda solo le creature prive di intelligenza (razionale), ma anche quelle che hanno “intelletto e amore”.
Prosegue poi Dante spiegandoci che la potenza dell’inclinazione conduce verso l’Empireo, dove siamo condotti in virtù di questo istinto naturale impresso; ma, aggiunge che talvolta la materia «è sorda» e la creatura si allontana dal percorso segnato dall’inclinazione e «s’atterra torta dal falso piacere»: ciò accade se si rivolge dunque verso la materialità.
Sulla questione dell’influenza degli astri Dante si era già affacciato in Purgatorio (XVI, 65 – 81), definendo con precisione la relazione fra influsso degli astri e libero arbitrio. Nella Cantica Dante domanda a Marco Lombardo: la corruzione del mondo dipende dalle influenze celesti o dalla volontà umana? Lombardo spiega che se si attribuissero al moto dei cieli gli eventi terreni, sarebbe distrutto il libero arbitrio: i cieli danno l’impulso, ma gli uomini possiedono la ragione, che illumina sul bene e sul male; è vero che la volontà fatica a combattere con l’istinto, ma poi «vince tutto». Dunque, il destino dell’uomo non dipende da stelle o astri perché nell’uomo c’è la parte spirituale, l’Anima spirituale, che Dante definisce mente. Ecco i versi di Dante: «Voi che che vivete ogne cagion recate / pur suso al cielo, pur come se tutto / movesse seco di necessitate. / Se così fosse, in voi fora distrutto / libero arbitrio, e non fora giustizia /per ben letizia, e per male aver lutto. / Lo cielo i vostri movimenti inizia; / non dico tutti, ma posto ch ‘i’ ‘l dica, / lume v’è dato a bene e a malizia, / e libero voler; che, se fatica / nelle prime battaglie col ciel dura, / poi vince tutto, se ben si notrica. / A maggior forza e a miglior natura / liberi soggiacete; e quella cria / la mente in voi, che ‘l ciel non ha in sua cura /».
Voi uomini, dice il Poeta, pur rimanendo liberi, soggiacete a una forza più grande : quella forza è Dio, e se vi allontanate da Lui, la causa va cercata in voi stessi. Paragona l’anima umana a una bambina “semplicetta”che si dirige verso ciò che la trastulla: solo con il tempo si indirizzerà al retto cammino. È grazie alla legge che è possibile stabilire un freno alla condotta umana, con l’aiuto di una autorità regia che sappia, con i dovuti freni, condurre l’umanità verso mete spirituali.
Dunque, in conclusione, la parte spirituale dell’uomo non dipende dagli astri perché in lui alberga la mente: la libertà si acquisisce con l’esercizio della volontà e la disciplina alla rinuncia al vizio e alle gratificazioni materiali: concetto oggi sempre più difficile da digerire.