DROPLET racconto di Rossella Monaco
1
Da ragazzi si gareggiava a chi sputava più lontano, a chi pisciava oltre il limite stabilito, a chi emetteva maggior quantità di sperma, si calcolava a occhio. Ai campionati primeggiavo nello sputazzo. Andavo fiero delle mie meringhe volanti, mi sentivo una specie di artista concettuale, tiè, beccatevi questa “saliva d’autore” dicevo fiero ai concorrenti. Adesso, passati settant’anni, le ghiandole salivari non emettono più liquidi, ma in compenso eiaculo come un bisonte. Sono un ultra ottantenne con un fallo a orologeria. Va su come quello dei goliardici souvenir a forma di fratino ebbro e dura quanto voglio. Le infermiere della casa di riposo dove dovrei riposare, mi si contendono. Tra una missionaria e una pecorina non ho il tempo di fare una partita a burraco, ma poteva andare peggio. Siamo una generazione di vecchietti aitanti, siamo i fratini arrapati, siamo i “Cialis”, quelli che ce l’hanno sempre duro.
È iniziata con un neologismo, Droplet. “Emissione di secrezioni respiratorie e salivari in forma di goccioline.” È finita con un esperimento di massa.
All’epoca, parlo di una decina di anni fa, frequentavo Clara, una coetanea grassa e disponibile. Mi piaceva andarci al cinema, vedere il film con il medio infilato nel suo oscuro oggetto del desiderio mi dava scosse orgasmiche di variabile intensità, certo, molto dipendeva anche dal livello artistico della pellicola. Era la massima fruizione sessuale, non ero ancora diventato un Cialis. Eppoi bisognava fare i conti con la mascherina. The mask. “Non indossarla potrebbe uccidere te o il tuo prossimo.” Una musichetta stile thriller completava il mantra ripetuto in televisione. Ce l’avevamo nel cervello, un dito sì, un bacio no, non ci si slinguazzava più.
Lo smascheramento non era consentito neppure all’aperto. Orde di vigilantes facevano fioccare multe più salate del mar morto. A parte qualche ristorante, sparuti cinema, e numerose sale giochi, i locali predisposti allo svago rimanevano chiusi, il distanziamento sociale era l’imperativo categorico. Non ci rimanevano che i piccioni dei giardinetti. Previa prenotazione, per evitare gli assembramenti, contingentare era un must, gli portavamo la pappa, mais dietetico, l’unico mangime ammesso, ingozzati da altri desperate romantics come noi, sembravano piuttosto tacchini d’allevamento che teneri colombi.
2
(Questione di metodo)
«Il sistema funziona.» enunciavano gli infettivologi in tv, «Diminuiti i contagi, i morti sono ridotti all’osso.» Non ho mai capito se l’ironia fosse intenzionale.
Si davano i numeri tutti i giorni, controllare il bollettino dei positivi era come fare il resoconto della giornata, routine. La gente amava quei prospetti, ci scommetteva persino «Vedrai oggi saranno millecinquecento fottuti asintomatici», «Sei ottimista, non arriviamo a mille.» Cosa importava se crescevano le allergie ai materiali sintetici con cui erano costruite le mascherine chirurgiche, se c’era chi dava di stomaco all’improvviso trovandosi il vomito ben sigillato sul volto, se erano aumentati i disturbi psicotici, se tappare le vie respiratorie provocava gravi controindicazioni e infezioni polmonari, e se i funghetti nati all’interno del bavaglino grazie all’umidità e alla scarsa igiene davano allucinazioni degne del miglior peyote, nessuno si spaventava più per un tumoraccio maligno o per un’ulcera. Qualsiasi altra malattia era passata in secondo piano.
Le droplet erano il vero, unico, nemico.
Siamo in guerra.
Fratelli d’Italia.
Vincere e vinceremo!
Impossibile scambiarsi un sorriso, ma era occhei, avevamo messo in un cantuccio le maledette goccioline.
Era la rivincita dei “brutti” sui “belli”. Gli invidiosi gioivano. I bambini mezzo asfissiati rompevano meno i coglioni e senza anfetamine.
Mostrare il proprio volto era un reato perseguibile con il carcere. I puri e duri invocavano il 41-bis. I comunisti i gulag. Vere spedizioni punitive si accanivano su chi si opponeva al bavaglio. Spesso incontravi dissidenti ripiegati in terra in una pozza di sangue.
Siamo in guerra.
Fratelli d’Italia.
Vincere e vinceremo!
3
(Impeachment)
Ci furono due avvenimenti fondamentali nella politica mondiale, la famosa rivoluzione “Primavera-estate araba”, propagatasi in tutto il nord Africa, e lo scandalo della Presidentessa americana. Il primo episodio cambiò radicalmente l’assetto del sistema arabo. Il proclama dei proclami redatto dall’emiro Mohammed bin Dhabi insieme al califfo Alī Fālzè, sentenziò la nuova regola. Le donne non dovevano più indossare il velo. Pena: cinquanta frustate nel migliore dei casi, lapidazione nel peggiore.
Fu una svolta epocale.
Se le sporche occidentali, dissolute e maiale, avevano cancellato il volto, usando come torbida scusa i virus influenzali, allora bisognava distinguersi da quelle lussuriose. I bacilli erano stati anche da loro, ma passata la paura gli arabi avevano smesso di proteggersi. «Dietro la sporca mascherina si nasconde il peccato, le femmine la indossano per attizzare i maschi, il “vedo, non vedo” eccita i perversi capitalisti, altro che tette e culi esibiti con scollature e minigonne inguinali. È decretato, le nostre donne andranno rigorosamente a viso scoperto.»
Il secondo episodio fu determinato da un paparazzo di cronaca rosa. Il fotoreporter pagando un’ingente somma di denaro, era riuscito a nascondere una telecamera nella secret room della moglie del Presidente. Lo scoop gli riuscì e la Presidentessa ripresa nuda tra le braccia del suo giovane amante divenne virale alla velocità di un neutrino. Il video aveva mostrato qualcosa di assolutamente inaspettato. Non era la scopata in sé, quanto l’aver osato l’inosabile, la moglie del Presidente e il suo bello si sputavano gioiosamente in bocca.
«Ormai riuscivo a godere solo così, l’idea che microbi sconosciuti, fetenti e dissoluti riempissero la mia gola mi procurava orgasmi cosmici.» si giustificò la bella Presidentessa.
I bacilli divennero degli eccitanti proibiti. Nacque il movimento rivoluzionario dello “Spitting” o “Sputacchio libero”. In vari flash mob gli eversivi si baciavano nelle pubbliche piazze, mostravano lingue allungate con protesi di un metro per superare le distanze di sicurezza imposte dal governo, leccavano ogni tipo di strada, di moquette, le suole delle scarpe più vecchie, infilavano la testa nei water, tutto al grido di “Abbasso il potere asettico!”
Alcune frange religiose rivendicarono la santità della saliva, Gesù non aveva sputato sugli occhi di un cieco per fargli tornare la vista? E le divinità egizie Shu e Tefnut, per toccare un tema pagano, non erano nate dal muco del dio Atum?
Non solo, in quei tempi bui aumentarono le rapine alle banche, furono uccisi passanti scambiati per banditi o così per noia, tanto le telecamere riprendevano solo maschere colorate.
L’ambiente era ai minimi termini, al posto di praterie e alture, montagne di mascherine dismesse troneggiavano in ogni parte del pianeta, in Amazzonia c’era il famoso “monte FFP1”, 5.319 mt.; in Cina la gran “vetta FFP2”, 4.500 mt.; in Turchia la “cima EN 149”, 3.200 mt.; poi c’erano le catene montuose “ASTM” 2,350 mt, in Italia, il “NIOSH”, 1700 mt. in Spagna e così via.
Bisognava prendere dei seri provvedimenti.
4
(L’immortalità)
Fu così che un famoso Nobel per la medicina quantica pensò bene di eliminare le goccioline.
Cassate saliva e droplet le mascherine vennero dichiarate fuorilegge.
Già.
Una fetta sostanziosa di nostalgici però non poteva più farne a meno, integrata la nuova identità sentiva uno spasmodico bisogno di mascherarsi. Negli anni pandemici i new identity o “bautta”, così soprannominati dai media, non la tolsero mai, né in casa, né davanti allo specchio.
Avevano escogitato un’altra immagine di sé.
“Immagina di vivere in un mondo dove non ci sono specchi. Il tuo viso lo sogneresti e lo immagineresti come un riflesso esterno di quello che hai dentro di te. E poi, a quarant’anni, qualcuno per la prima volta in vita tua ti presenta uno specchio. Immagina lo sgomento!” Milan Kundera con il suo ragionamento anticipò in un certo senso quello che accadde ai “bautta”, anche se i fatti superarono la fantasia dello scrittore. Vennero alla luce volti ingialliti, malaticci, sformati. Chi voleva mostrarsi in quelle condizioni? Non era l’unico problema però. A rendere più orribili le fattezze umane contribuiva l’aver usato poco e male i muscoli facciali. Gli ex “mascherinati” ormai parlavano atteggiando le labbra in strane smorfie, urlavano per farsi capire, i toni della voce erano saliti di un’ottava e a qualcuno era andato in necrosi il naso, con l’uso prolungato del bavaglio succedeva anche questo. Zombi in falsetto, spaventati e sospettosi andavano a zonzo per le strade del mondo. Nessuno si fidava più di nessuno. Disabituati a sorridere o a baciare, alcuni esseri umani avevano iniziato a mordere.
Spalancato il sipario, le fauci erano diventate protagoniste indiscusse della nuova era.
“La bocca sollevò dal fiero pasto…”
«La paura corre sul filo, interdentale», fu la battuta di un opinionista di Talk Show.
Bisognava ripristinare le sane abitudini delle nostre cavità orali.
5
(Pertugi)
“Immagina di vivere in un mondo…” senza Dio. Nessuno te ne ha mai parlato, il suo viso non lo immagini, né lo sogni. E poi di punto in bianco qualcuno per la prima volta te ne parla raccontandoti tutta la storiella, Inferno e diavolacci inclusi. Immagina lo sgomento! Lo cacceresti a pedate quel pazzo. Tu hai sviluppato un’interiorità potente, è bello vincere con le proprie forze la sofferenza e gli ostacoli della vita, ti rende luminoso, sicuro di te. Per giunta sei libero di amare e godere senza dogmi e divieti. Cosa vuole quel folle con le sue farneticazioni di “fornicazioni” e i suoi feticci barbuti a cui ubbidire, fanculo, gli dici. Immagina poi se un altro pazzo ti volesse spaventare con nemici invisibili, minando non solo la tua sicurezza, ma persino le tue difese immunitarie. Per giunta obbligandoti a proteggerti con ridicoli simil pannoloni dalla bomba a “virologeria” innescata per sottometterti. Giù nuove pedate. Se nessun padre padrone celeste ha risucchiato la tua luce per farla sua, questa gente ti susciterà ilarità e appunto sgomento. Al despota non spalancherai le braccia, né il tuo “pertugio tondo.”
6
(Porcelloni d’India)
Noi pensionati siamo stati i primi a fare da cavie.
Quando mi hanno chiamato come volontario per testare il vaccino, notate l’ossimoro tra chiamato e volontario, facevo la tipica vita del settantenne medio negli oscuri anni sopraccitati.
Figli e nipoti con premura ostentata venivano a trovarmi un paio di volte all’anno. «Non vorremmo contagiarti babbo-nonno, i virus uccidono i vecchi.» Cazzo avevo solo settant’anni.
Andiamo avanti.
Il Nobel per la medicina quantica invertendo il processo pavloviano di salivazione scoprì il vaccino. I cani non sbavavano più. Gli umani sì. A quel punto, come fosse uno stregone ci infilò dentro code di rospo, baffi di topo e ali di mosca, scherzo naturalmente, ma considerando i reali componenti: DNA di scimmia e feti umani, mica tanto.
Insieme alla maggioranza della popolazione anziana stesi il braccio. «Niente paura l’antidoto è già stato sperimentato sui porcellini d’India» c’avevano detto. «Non solo, trecento bambini Inuit l’hanno subito, cioè fatto… e stanno benissimo.» Per convincere la moltitudine era stato sacrificato un gruppo di giovani esquimesi, gli africani ormai pieni di controindicazioni causate dai sieri precedenti erano inutilizzabili.
“Stanno benissimo” significava un centinaio di polmoniti. «Ma è colpa loro, sono andati in giro nudi sui ghiacciai dell’Alaska.» Il vaccino gli aveva surriscaldato il sangue e gli Inuit non sentivano più freddo. A convincerci però fu il filmato proiettato prima di firmare il foglio di responsabilità. Un gruppo di stupende ragazze mostrava lingue sfarfallanti e goduriose, la didascalia diceva: “Senza le droplet potrete di nuovo baciare, non sentite già il brivido?” Lo sentivamo eccome. In quel momento ci saremmo fatti iniettare pure la scabbia.
Arrivo al punto.
“Effetti collaterali” da vaccino.
Non la solita roba da bugiardino, stati confusionali, meteorismi, leucociti ai minimi termini o tremori incessanti, no, le nostre controindicazioni erano da manuale. Ecco la dicitura scientifica: frequent erections. I fratini arrapati. Quando hanno voluto ripetere l’esperimento per produrre un nuovo sensazionale Viagra non ci sono più riusciti. Ci era andata bene per puro c…
7
(Conclusioni azzardate)
Dopo il vaccino figli e nipoti sono tornati da me, non è stato Amore a spingerli tra le mie braccia, ma Eros.
«Ti sei fatto male, nonnino? Vieni che ti faccio passare la bua succhiandoti il sangue.» i fetenti volevano poppare, sorseggiarsi le mie controindicazioni, magari gli veniva duro, anche solo per un’oretta, sessanta minuti di goduria, avrebbero dato il dito mignolo e forse anche di più.
Abbandonati i parenti vampiri mi sono trasferito nella casa di riposo dove risiedo al momento.
Alla bellezza di ottantacinque anni faccio il trombanonno. Le infermiere mi si contendono come merce rara, noi Cialis andiamo a ruba. Persino i più giovani, tra lockdown, bautte e diete ormonali, sono diventati barzotti.
Già.
La verità? Sono distrutto. Considerando l’avidità copulatoria delle infermiere, mi oriento sui trenta rapporti giornalieri.
Così, quando posso faccio delle fuitine rigeneranti e vado a trovare il mio amico Arturo.
Arturo è un lama peruviano costretto dagli umani a prendere la cittadinanza al giardino zoologico. L’amico non avendo subito obblighi vaccinali, sputa.
E qui viene il bello.
Arturo è il mio alter ego salivare.
Mi riporta ai bei tempi andati di artista concettuale.
In cambio di ottime erbette selvagge esegue per me delle performance compensatorie. Come un campione di tiro a segno riesce a centrare ogni bersaglio. Sfogo la mia rabbia così. Me l’ha consigliato lo psicologo. Gli piazzo davanti al muso una serie di foto di vari personaggi, esponenti della dittatura sanitaria, politici, multi-nazionalisti, banchieri, e lui espettora senza pietà. Quando è il turno del direttore dello zoo, Arturo supera sé stesso, si concentra per qualche secondo e poi apre la diga.
Spesso gruppetti di visitatori ammirano le nostre prestazioni applaudendo e incitando, allora, lui da bravo gigione fa eseguire salti mortali e piroette ai suoi sputacchi, un vero artista.
…
Uno di questi giorni gli apro la gabbia, gliel’ho detto in un orecchio, «Scappiamo dai nostri giardini zoologici Arturo, fuggiamo su una montagna vera, non una di quelle di plastica che piacciono tanto alla gente. Corriamo liberi e poi …»
P.S. Gli umani si sono estinti.
Una nuova pandemia generata dalla loro insaziabilità carnivora e dalla loro inquinante sporcizia, il mondo era ormai una discarica completa, li contagiò. Senza più droplet, si contaminavano con le emissioni anali, peti, loffie, flatulenze, o come vogliamo chiamarle.
Ma non fu questo a decimarli.
Nonostante tappassero pedissequamente i loro buchi, per la gioia delle case farmaceutiche, acquistavano otturatori anali di ogni foggia e misura, per adulti e per bambini, si deve riconoscere che per quest’ultimi, usarono molto garbo, travestendo gli oggetti protettivi con le forme dei loro giocattoli preferiti, uno su tutti Topolino, malgrado ciò, fu altro a eliminarli.
Era la notte di capodanno, la gente si accingeva a brindare al nuovo anno, quando improvvisamente, cadde un meteorite sulla Terra. Tre, due, uno, bum! L’impatto fu tremendo e i tappi così accuratamente posizionati nei loro pertugi esplosero all’unisono a mezzanotte esatta. La merda, sostituendo spumante e champagne, schizzò copiosa nel cielo.
Auguri!
Schiattarono tutti, Adulti, bambini, preti, dittatori, ricchi, poveri, intelligenti, stupidi, belli, brutti, buoni e cattivi.
Sopravvisse una sola forma di vita.
Noi.
Gli scarabei stercorari.
Miliardi di coleotteri indisturbati per il pianeta.
Da allora, ogni anno alla stessa ora festeggiamo l’evento. Danze e canti rituali rievocano il divino arrivo della manna provvidenziale, senza la quale non potremmo vivere.
Tre, due, uno, bum!