LA VOCE IMPAZIENTE. VIAGGIO NELLA POESIA (Introduzione, 1) di Grazia Valente
“E se vi debbo dire ancora una cosa,
è questa: non crediate che colui, che
tenta di confortarvi, viva senza
fatica in mezzo alle parole semplici
e calme, che qualche volta vi fanno
bene. La sua vita reca molta fatica
e tristezza e resta lontana dietro a
loro. Ma, fosse altrimenti, egli non
avrebbe potuto trovare quelle parole”.
Rainer Maria Rilke
(lettera a un giovane poeta – 1903)
Introduzione
Quando abbiamo iniziato a “fare poesia” (1) in modo più consapevole, è nato ed è andato crescendo in noi l’interesse su che cosa fosse la poesia, un po’ come succede a quei malati i quali, venuti a conoscenza del tipo di malattia da cui sono afflitti, si interessano e appassionano agli scritti che la trattano.
Che nella condizione creativa siano presenti elementi patologici, come per esempio quello dell’ossessione, è un fatto abbastanza noto e riscontrabile in numerose esperienze vissute da scrittori e poeti, oltre che da molti artisti.
Secondo Marina Cvetaeva, “la condizione creativa è quella dell’ossessione. Finché non cominci – obsession, finché non finisci – possession. Qualcosa, qualcuno si insedia in te, la tua mano è solo strumento. La condizione creativa è quella del sogno.”
Da tale ricerca e dal conseguenti bisogno di approfondimento sono scaturite, in modo del tutto involontario, nel senso di non preordinato, numerose composizioni poetiche riconducibili, da un lato, al tema fisso della creazione poetica con le sue implicazioni, dall’altro, ai suoi protagonisti “dietro le quinte”, vale a dire i poeti.
Tali composizioni faranno da filo conduttore in questo metaforico viaggio nella poesia.
Un viaggio che si svolge, innanzitutto, all’interno di noi stessi, alla ricerca di qualcosa che sentiamo appartenerci ma che, nello stesso tempo, ci sfugge.
E se è lontana la pretesa di rispondere alla domanda fondamentale su “che cosa sia la poesia”, non possiamo sottrarci a un’altra domanda che i poeti si sono sempre posta e che continueranno a porsi: da dove nasce la poesia?
Ed è da questa domanda che ha inizio il nostro viaggio.
(1) Rifuggendo dal verbo “poetare”, gli preferiamo la locuzione “fare poesia”, in riferimento anche al verbo greco “poieio” (“fare”), dove ci pare sia più avvertibile il senso di fatica, di duro lavoro – sia pure mentale – che accompagna l’opera del poeta.
1. Il mistero della creazione poetica
costituisce uno degli aspetti più affascinanti della ricerca poetica.
Non so dove nasce
la voce impaziente
il battito scomposto
che dà corpo ai versi.
E’ una scossa remota
che nessun sismografo
ha mai registrato
Una delle caratteristiche di tale creazione è l’ urgenza con cui si manifesta. La voce interiore ha necessità di esprimersi in quel preciso momento. Chi fa poesia sa bene come la cosiddetta “ispirazione”, ossia quell’impulso a scrivere anche soltanto due-tre parole iniziali, non possa aspettare, pena il suo volatilizzarsi, forse per sempre.
Un’urgenza dettata spesso da un intimo disordine che chiede di essere ricomposto (secondo il poeta Carlo Betocchi: “la poesia mette ordine là dove c’è disordine”), quasi il sintomo di uno stress interiore, che proviene da quel luogo metafisico che ci piace definire “la sorgente originaria dell’emozione”.
Tale luogo appartiene naturalmente alla soggettività di ciascuno e da esso, per qualche via misteriosa, scaturiscono le nostre emozioni.
La capacità di attingere o meno a questa sorgente permette di tradurre poeticamente ciò che proviamo nella parte più profonda di noi stessi.
E’ ovvio come questa sia una nostra libera interpretazione, del tutto soggettiva, a proposito dell’atto creativo, frutto di una analisi autonoma svolta con l’intento di chiarire, innanzitutto a noi stessi, alcuni aspetti del fenomeno della creazione poetica. Altri potrebbero raccontare esperienze diverse e sarebbe interessante conoscerle.
La metafora del terremoto non mira soltanto a descrivere quel particolare sommovimento cui si accennava prima, ma anche a mettere l’accento sull’aspetto di fenomeno naturale della creazione poetica, libero da artifici concettuali o linguistici. Fenomeno naturale e quindi incontrollato, per lo meno nella fase in cui si rivela. In seguito, ovviamente, esso viene incanalato fino a diventare la composizione poetica vera e propria, frutto di elaborazione e ricomposizione intellettiva, con la conseguente ricerca dei termini più efficaci a restituire con le parole le emozioni che hanno generato il verso.