INCONTRI IMPOSSIBILI IN TERRA DI PALESTINA di Pietro Paolo Capriolo ( P. P. Roe)
Il personaggio mi si para innanzi reggendo una corta zappa appoggiata alla spalla sinistra. La mano destra regge un cestello con dentro una piccola anfora, rimedio all’arsura del lavoro nei campi, ed un telo bianco ripiegato in cui era stato avvolto un pane consumato con una manciata di olive oppure una schiacciata d’uva passa o fichi secchi.
Sul volto un’espressione indecifrabile. Un misto di stanchezza, a volte di stizza, di meraviglia, di orgoglio, ma soprattutto di stupore perché sia capitato proprio a lui d’esser stato costretto, suo malgrado, a compiere la buona azione che lo rese celebre in tutti e tre i vangeli sinottici.
«Sono Simone di Cirene. Già, “il Cireneo” per antonomasia, come dite voi eruditi. Sono un immigrato dalla Libia, un discendente di antenati dispersi per il mondo dopo una delle tante diaspore del popolo d’Israele e tornato nella terra dei padri a Gerusalemme».
«Quello che ha dato origine alle espressioni: fungere da, sostituirsi, offrirsi a svolgere il compito di qualcun altro…»
«Beh, proprio di offrirmi, nel mio caso, non direi. Ero lì per caso, dietro un gruppetto di donne, e volevo tornarmene a casa per quella che adesso è detta la Via Crucis. Quel figlio di buona donna d’un centurione m’ha agguantato, tirato nel mezzo e caricato del patibulum, quel trave trasversale della croce che di solito portano i condannati».
«Sì, è vero. I vangeli dicono che sei stato costretto. Il militare avrà valutato ad occhio la tua stazza corporea: abile ed arruolato, adatto allo scopo; una garanzia che l’evento non avrebbe subito rallentamenti».
«O forse si trattava di un problema d’ordine pubblico per evitare la calca o solo per rispettare i tempi e non avere grane nel rapporto serale. Comunque…»
«Comunque il tuo aiuto al Nazareno ti è valsa grande notorietà e stima nel tempo».
«Nel tempo posteriore sì, ma al momento… Pensa che qualche imbecille mi ha preso per il condannato ed ha inveito contro di me, sputandomi anche addosso. Chi invece mi riconosceva esclamava «Oh, poveretto!», ma si riferiva a me, mica a quell’Altro che mi seguiva».
«Insomma, proprio non lo facevi volentieri il cireneo».
«E mentre sfacchinavo con quel carico addosso, pensavo alla mia zappa e al mio cesto: chissà che fine faranno? Invece una donna me li ha riconsegnati arrivati al Golgota e m’ha anche ringraziato. Lei, una certa Maria».
«Ma tu ti sei reso conto di chi c’era implicato? Sei diventato famoso, sai! Non c’è sacra rappresentazione in cui il tuo personaggio non compaia; inoltre sei nei quadri di pittori famosi, in statue e bassorilievi di gesso nelle chiese di mezzo mondo».
«Eh… l’ho compreso dopo, quando i miei figli si son fatti cristiani».
«Anche loro, Alessandro e Rufo, compaiono nel testo sacro di san Marco».
«Ti dirò: non ho mai capito se sono io a dare importanza ai miei figli o se sono loro, ben conosciuti nella comunità, a servire da conferma alla mia impresa».
«Lasciamo la faccenda agli esegeti e alle loro ipotesi».
«Io però, questo è certo, sono un personaggio vero; mica come la Veronica che appare come me nelle rappresentazioni sacre e nelle stazioni della Via Crucis. Il suo nome ora è usato anche per descrivere una mossa del torero che fa sì che la bestia infuriata resti con la testa avviluppata nella sua cappa e da qui si è passati poi a una finta nel gioco del calcio detta appunto “Veronica”».
«Credo che la sua presenza sulla scena cruenta sia dovuta a pietà del popolino; una valorizzazione della presenza femminile. C’è un po’ di confusione con la figura di Berenice: il leggendario velo di una, la mitica chioma dell’altra».
«Ora mi faccio da parte; c’è un altro che vuole incontrarti, un tipo poco raccomandabile… Beh, adesso non più».
Infatti mi si avvicina un tipo dalla barba folta, scarmigliata come i suoi capelli, dal torso peloso e nerboruto, praticamente nudo, con appena un telo che gli funge da perizoma. Non zoppica, benché abbia i piedi forati ed anche i polsi lo sono. Ha l’aria di chi ne ha viste di cotte e di crude eppur è riuscito a scamparla sempre. Stento a crederlo: mi pare abbia un sottile cerchio vagamente luminoso intorno al capo. L’aura della parapsicologia o l’aureola degli artisti?
Gli rivolgo un generico «Salve!» e lui, di rimando:
«Piuttosto dovresti dire: “Salvo!”. Non mi riconosci ancora? Nelle sacre rappresentazioni ci sono anch’io».
«Anche se posso immaginarlo, precisamente tu saresti…»
«Disma, per alcuni. Però tengo a precisare che non mi hanno tramandato con un nome proprio certo; tutti mi indicano come il “buon ladrone”».
«Ah, ecco perché hai anche tu i segni dei chiodi come il Gesù del Caravaggio e degli altri artisti».
«Già, quel mio compagno di agonia, benché fossimo in tre su quella collinetta spelacchiata, una cava di pietre detta Golgota o cranio».
«Tu però rispetto a quell’altro crocifisso a fianco di Gesù…»
«Zitto! Non c’eri là. Io dico che merita un po’ di rispetto anche lui».
«Che intanto insultava il Cristo…»
«Ma che ne sai! Sei mai stato appeso ad una croce, soffocato dal tuo stesso peso, trafitto nella carne, nudo sotto il sole e con un’arsura che non passa neanche sorbendo dalla spugna aceto misto a fiele? Il sangue ti martella nella testa e speri di morire presto, ma è una pena interminabile, può durare giorni. Se poi vedi e senti i farisei che scherniscono uno di noi chiamandolo re e figlio di Dio, provocandolo a compiere un prodigio per salvarsi, non ti verrebbe voglia di dirgli di fare qualcosa se davvero ne ha il potere? Di scendere dalla croce e di fare partecipe anche te del miracolo? Erano quegli altri a insinuare che avesse la facoltà di fare miracoli e che l’avesse già esercitata».
«Riflettendoci, detto da te, non mi pare tanto un’ingiuria come ce la contano i teologi e gli evangelisti».
«Vedi, è stata tutta una questione di tempi e di carattere irruente. Quello ha parlato prima di me, da imprudente, pieno di rabbia come può esserlo un imminente morto ammazzato. Lo compatisco, infatti l’ho anche corretto e non sai quanto mi sia costato tirare fuori il fiato per parlargli. Non ce l’avrà più fatta a ribattere, mentre a me è venuto un lampo di genio e con voce di supplica ho chiesto a Gesù di ricordarsi di me».
«E così da furbo ladro, hai scippato il Paradiso!»
«E chi ti dice che fossi proprio un ladro? Sono definito genericamente come “malfattore”. Che fossi stato ladro nei confronti degli Ebrei, ai Romani poco importava. Piuttosto, prova a vedermi come un recidivo nell’evasione dei tributi, un ribelle, un cospiratore politico come quell’altro più famoso Barabba, graziato controvoglia da Pilato. E se anche avessi rubato, quanti poveri diavoli avete impiccato voi dell’era cristiana nei rondò della forca e nelle piazze per dissuadere le folle a non ribellarsi alla malasorte ed al governo?»
«Sarà, ma di sicuro credo che siano in pochi a rivolgersi a te per ottenere qualche grazia».
«Scherza pure, fammi di nuovo il processo… A proposito di processi, da uno sono stato esente: quello per la causa di beatificazione/santificazione. A me è accaduto che a canonizzarmi sia stato Cristo in persona! Ti pare poco?»