IL GENIO DI MARTINO di Wanda Scuderi
IL GENIO DI MARTINO
L’acqua del mare, di un turchese trasparente, sembrava luccicare di vita e, in una danza schiumosa, si protendeva verso le mie caviglie. Io arretravo di un passo, impaurito. Nuovamente l’onda prendeva la rincorsa e mi si avvicinava, bramosa di lambirmi. Ma io facevo un altro passo indietro e…
Mi svegliai di soprassalto sentendo il suono del campanello. Era solo un sogno! ,pensai sollevato, mentre acquisivo la consapevolezza. Chi poteva essere? Non aspettavo nessuno. Il suono diventò insistente e ripetuto.
«Un attimo, arrivo!» , gridai. Raccolsi gli occhiali caduti per terra insieme al giornale e mi alzai lentamente, ciabattando verso l’ingresso. Il campanello continuava a suonare martellante. Ma chi….? Certo che non ha pazienza, chiunque sia!
Mi passai una mano sui capelli arruffati e aprii la porta. Non c ‘era nessuno.
O almeno così mi sembrò al primo sguardo. In quel momento gli occhiali, già precari sulla punta del naso, mi caddero per terra. Chinandomi per raccoglierli, lo vidi.
Ma da dove era sbucato? Era un ometto piccolo e ben proporzionato, maglioncino giallo sole (ma non sentiva caldo?), jeans, età indefinibile, viso un po’ infantile e sguardo sornione.
«Prego? Chi cerchi?», dissi, rimanendo prono e pensando che lo sconosciuto avesse sbagliato indirizzo.
«Tu sei Martino?», invece mi chiese.
«Si, sono io, maaa…»
«Cercavo proprio te. Mi presento: sono il mago Specchio».
«Ehm…. piacere!», dissi per educazione, ma mi sentivo un po’ cretino, o forse stavo ancora sognando…
«Oh, non fare caso al mio aspetto! Dopotutto l’abito non fa il monaco, no?»
Mi sentii ridacchiare quasi come un ebete, facendo coro con lui.
«Dunque, andiamo al sodo. Ho un’offerta fantastica per te!», disse ergendosi sulle punte dei piedi, impettito come un gallo.
Ahhhh, ora capisco, è un venditore porta a porta, pensai con sollievo, ora mi proporrà un elettrodomestico o l’ennesima enciclopedia. Mi rialzai, rilassato.
«Allora, caro Martino», riprese il piccoletto «tu sei il vincitore del concorso “desidera e sarai esaudito” indetto dal Grande Consesso Galattico ed io sono stato inviato qui, per l’appunto, per realizzare ciò che vuoi».
Cooosa? Ma che sta dicendo? pensai, strabuzzando gli occhi.
«E’ proprio vero, sono un mago, e anche molto potente, sai!», continuò l’ometto con grande sussiego «e tu, Martino, sei stato scelto tra tanti candidati, affinché un tuo desiderio si possa avverare. Ho fatto un lungo viaggio per trovarti e ti assicuro che sono in grado di realizzare ciò che più desideri. Puoi chiedermi qualunque cosa ed io ti esaudirò. Ma, bada, puoi esprimere un solo desiderio, il tuo desiderio».
«Dai, dimmi pure, ma che sia solo uno, mi raccomando! E allora?»
Sto diventando matto, oppure sono ubriaco? mi chiedevo, cercando di giustificare il perché mi sentissi tonto come un imbecille. Mi voltai per vedere se sul tavolino del salotto fosse rimasto un bicchiere o una bottiglia di vino, speranzoso. Ma non c’era.
«No, non sei ubriaco, è tutto vero. Ti sto facendo un’offerta che tanti ti invidierebbero», aveva marcato queste «credevi che la storia di Aladino e del genio della lampada fosse solo una fiaba per bambini, eh? Sappi che tutte le favole hanno origine da fatti reali. Ma andiamo a noi», e guardò uno strano oggetto che mi ricordava vagamente una clessidra, legata con un cordino alla cintura «non ho molto tempo e devo tornare ai miei affari. Su, Martino, dimmi il tuo Desiderio…»
Quel tipo mi era pure simpatico, ma cosa dovevo dire? Non ne avevo idea. Aprii tre o quattro volte la bocca per parlare, ma non mi usciva alcun suono, perché non c’erano pensieri nella mia mente. Vuoto. Vuoto assoluto, anzi, no: c’era una nebbia grigia che mi avvolgeva la mente, impenetrabile. Ma l’omino era lì che aspettava la mia risposta. Cercai di farfugliare qualcosa:
«Io… non so, sono sorpreso, ecco. Non so cosa dire, così, su due piedi. Sai, non capita tutti i giorni una richiesta simile, ma, forse, se avessi del tempo per pensarci…» –
«Ok, ok, sei poco perspicace, me l’avevano detto… di solito, in questi casi, io taglio e me ne vado: ciao, hai perso il treno, bello mio! Ma oggi sono più paziente del solito… devi avere qualche merito in più, tu», mi disse facendomi l’occhiolino – Bando alle ciance, facciamo così: ti lascio ventiquattr’ore per riflettere e torno domani in questa stessa ora a prendere la risposta. Ventiquattro ore e non un minuto di più!», e mentre sottolineava queste ultime parole con un tono più incisivo, girò la simil-clessidra al contrario e in un attimo sparì quasi volando giù per le scale.
Rimasi non so quanto tempo ancora davanti la porta con la mascella caduta e la faccia ancor più da ebete.
Seduto, anzi ricaduto nella mia poltrona come un sacco floscio, i pensieri mi vorticavano intorno come mille moscerini ronzanti e fastidiosi.
Credere o non credere, questo il dilemma. Mi venne in mente Amleto. Ma poi lui cosa aveva scelto? Io non avevo alcun dubbio: era un’allucinazione creata dalla mia fantasia. Chissà quante facoltà mentali ancora ignoriamo! Oppure era lo scherzo di qualche buontempone. Ma chi? Morta la mia povera Elsa, non frequentavo più né parenti né amici. In quanto ai colleghi, da quando ero andato in pensione, non me li ricordavo neanche e credo che anche per loro fosse la stessa cosa.
Qualche vicino di casa? Mah, buongiorno e buonasera: questo il massimo della conversazione con loro. E allora? Più ci pensavo e più scartavo l’idea dello scherzo. E se invece fosse vero? Aveva detto di essere un mago…ma vah!
Un mago….ma non scherziamo! Non vorrai credere… Ma lo sai che non esistono, Dai, Martino, torna in te! Stai invecchiando, è vero, ma non sei ancora così rimbambito da non distinguere la realtà dalla fantasia… E se domani quello lì torna e mi chiede nuovamente il mio desiderio? Ma no che non torna, non torna!
E se invece tornasse….? Beh, in ogni caso, forse, sarebbe meglio avere pronta una qualsiasi risposta, non si sa mai. Dopotutto che mi costa? Mi invento qualcosa e via. Non voglio fare certo la figura del babbeo, come oggi. E se si trattasse di uno scherzo, così dimostrerò di saper stare anche allo scherzo. Forse non se lo aspetta e invece dimostrerò che Martino sa scherzare! Adesso, però, mi preparo la cena e poi mi inventerò tranquillamente qualcosa.
Dunque il mio desiderio potrebbe essere…. diventare giovane ad esempio.
Ah, ah, ah, così lo metto in difficoltà il mago e lo smaschero subito. E se per caso, proprio per caso, esaudisse la mia richiesta? Beh, in questo caso….però, riflettendoci su, non mi interessa veramente ridiventare giovane: con la crisi che c’è sarei un disoccupato tra tanti, smarrito e disperato e non avrei neanche i genitori pensionati su cui poter contare, per mantenermi. E poi, la mia Elsa non c’è più, e non mi andrebbe di avere un nuovo amore. Le ragazze di quest’epoca sono troppo sicure di sé, troppo forti… mi sentirei a disagio e … forse diventerei un omosessuale. No, no, in fondo sono contento della vita che ho fatto: la fabbrica, mia moglie, la TV, le partite a carte con gli amici che ormai non vedo da anni. No, la gioventù non è ciò che desidero. E allora? Vediamo, vediamo, devo pensare qualcos’altro.
Ecco: diventare ricco! Uhm! È di sicuro il sogno di tanti, ma io? io, poi cosa me ne farei dei soldi? ho la mia casa, la mia pensione, praticamente tutto quello che mi serve. Potrei viaggiare? Nooo! Sono troppo pigro e i viaggi sono così faticosi e pieni di imprevisti! Certo, avendo tanti soldi, volendo crederlo possibile (e quindi nell’ipotesi estrema che quel tipo dicesse la verità), potrei fare della beneficenza.
E poi? Poi avrei la coda davanti la porta di tutti quelli che mi chiederebbero dei soldi: non mi lascerebbero un minuto in pace. No, no, per carità, la ricchezza non la voglio, anzi non fa proprio al caso mio, voglio stare in pace, tranquillo! Devo trovare qualcos’altro…
Certo, però, che, se avessi avuto tanti e tanti soldi, a suo tempo, avrei fatto causa alla fabbrica dove lavorava Elsa! Gliela avrei fatta pagare a tutti quegli approfittatori senza scrupoli che… Loro sapevano, sapevano e hanno lasciato che lei si ammalasse di cancro, lei e tutti quegli altri suoi colleghi…vigliacchi! La mia povera Elsa…me l’hanno rubata… e così poi sono rimasto solo.
Rivedevo continuamente la mia compagna in tutti i vari momenti della nostra vita, come fotogrammi di un film. Elsa, col suo vestitino a fiori e i volant sull’orlo, prosperosa e piena di vita, quando passeggiava appoggiandosi al mio braccio la domenica, per le vie del paese. Elsa, quando sfaccendava in casa, i capelli raccolti e una ciocca sale e pepe che le continuava a cadere sugli occhi. L’avevo amata per quarant’anni, sin da quando in quel campeggio estivo mi aveva regalato una splendida mantide religiosa verde smeraldo, porgendomela con le sue mani affusolate, ancora adolescenti. Il suo ricordo mi commuoveva sempre! Sollevai la schiena dolente dalla poltrona. Da qualche tempo reumatismi e artriti mi torturavano le giornate.
Ho deciso: quando tornerà quel…ehm…genietto, gli chiederò di diventare ricco, così potrò fare causa a quell’azienda e mandare in galera quei mascalzoni, quei dirigenti con una cassaforte al posto del cuore. Sì, farò così! Mi vendicherò di quei bastardi e darò pace al mio cuore e alla buon’anima!
Mi buttai nel letto vestito e mi addormentai rasserenato.
Mi svegliai di colpo nel cuore della notte con un’idea per me prima impensabile.
Perché limitarmi a dare battaglia solo a quei farabutti della fabbrica di Elsa? Potrei far chiudere anche tante altre industrie simili e mandare al fresco tutti quelli che con la chimica avvelenano i loro dipendenti, l’ambiente e anche tutta la gente ignara. Poveri ingenui che comprano, usano, mangiano e respirano e non sanno cosa: i veleni spacciati per tecnologia e benessere! Pensando alle persone che non si ammaleranno come lei lenirò la ferita del mio cuore!
Guardai la foto che tenevo sul comodino: Elsa giovane, sorridente, ma con gli occhi un po’ tristi. Sei contenta, amore mio? Ma come nooo? Cosa dici? Devo pensare anche a tutti quegli operai che potrebbero essere licenziati? Alle famiglie, che diventeranno povere? Ai bambini senza né cibo, né futuro? Potrebbero essere parecchie migliaia…Hai ragione, non ci avevo pensato! Come al solito tu sei più accorta di me! E allora? Dobbiamo tenerci le fabbriche dei veleni? Neanche? Ma allora qual è la soluzione? Come posso sapere cosa è più giusto o qual è il male minore? Devo prevedere le conseguenze delle mie scelte? No, no, grazie, non voglio frullarmi la testa con questo dilemma. Cancello subito questo desiderio…
Mi alzai e andai in salotto a sprofondare con un tonfo nella mia poltrona.
Una molla scattò, colpendo dolorosamente il mio sedere.
Ahi! Ecco, me lo sono meritato!, pensai rituffandomi nel mio labirinto mentale. Dopo qualche minuto il mio cervello smise di girare come una trottola e ed io riuscii nuovamente a focalizzare qualche pensiero
Se avessi tanti, tanti soldi, potrei fare anche altro. Ad esempio: finanziare le ricerche per la cura di tante terribili e inguaribili malattie come il cancro, la sclerosi, la leucemia e tante altre. Sì, questo mi sembra molto bello e anche nobile da parte mia. Altre persone non soffriranno per la morte dei loro cari, come è successo a me…
Una lacrima di commozione s’incanalò in una delle mie rughe. Mi girai a guardare verso il comodino, attraverso la porta aperta. Cosa diceva Elsa?
“Hai dimenticato che i ricercatori dipendono dalle Industrie Farmaceutiche, che alla fine sono sempre industrie? E poi quali garanzie avresti che queste cercherebbero soluzioni efficaci, piuttosto che i loro tornaconti economici? Come potresti distinguere tra chi con onestà e ideale puro cerca rimedio alla sofferenza e alla morte e chi ne fa invece un bisinessi (era il suo modo di dire business)”.
Ecco, ci risiamo, pensai, che ne so io chi dovrei finanziare e chi no? Non ne imbrocco una, oggi! Ho capito: meglio evitare!
Sospirando, ripresi in mano il giornale che giaceva ancora a terra. Alcune frasi, ormai divenute una routine mi balzarono agli occhi: effetto serra, piogge acide, buco dell’ozono. Quelle parole che finora per me avevano lo stesso valore dei decori sbiaditi della carta da parati, sembravano prendere vita propria. Sembravano chiamarmi Ehi, siamo qui, a noi non ci pensi?
Beh, alla luce della possibilità che un mio qualunque e impossibile desiderio si possa avverare… effettivamente, questi temi meritano che io li prenda in considerazione. Dunque, potrei chiedere al genietto di risolverli tutti e tre. Però lui ha detto che mi è concesso un solo desiderio. Allora, quale scelgo tra questi? Vediamo…Uhm…Potrei scegliere l’effetto serra, perché, se venisse eliminato, anche le piogge acide lo sarebbero, o no? Mi pareva di aver letto qualcosa del genere.
Elsa? Non aveva più bisogno di guardare la sua foto, per sentire la sua voce nella mente. “Bravo cretino! Per eliminare l’effetto serra si dovrebbero spegnere i riscaldamenti, chiudere le industrie e non usare i combustibili per i trasporti. E tu come penseresti di fare? Ti sei chiesto cosa succederebbe dopo? E la gente che morirebbe di freddo? I bambini, i vecchietti, i barboni e…? ”
Veramente i barboni dormono all’aperto…
“E non interrompermi per darti ragione! E poi come ci si potrebbe spostare da una città all’altra, da un punto all’altro del mondo? ”
Beh, una volta c’erano…
“Una volta, una volta! Stai proprio invecchiando! Non puoi buttare all’aria secoli di progresso, di vita comoda e confortevole; la diminuzione del tasso di mortalità, proprio grazie al confort delle nostre case! E poi con le chiusure delle industrie siamo al problema di prima: troppi disoccupati».
Va beh, ho capito. Hai ragione tu (come sempre). Allora scelgo il buco dell’ozono. Se si risolvesse quello, non succederebbe niente di male a nessuno, o no?
“No, certo, ma è proprio questo il massimo del tuo desiderio?”
Beh, forse… a ben pensarci, non è che…, ero confuso.
“No, non lo è. E allora cerca ancora!”
Mi sentivo soffocare e sospirai come un vecchio mantice. Un po’ d’aria fresca mi avrebbe portato sollievo e forse chiarito le idee.
Mi affacciai sul terrazzino. Albeggiava. Tutto era silenzio. Il paese ancora dormiva. Una scia bianca stava solcando il cielo azzurro chiaro, mentre le stelle diventavano di minuto in minuto sempre più piccole. Ogni giorno guardavo quelle linee prima sottili e poi gonfie come panna montata, che intrecciavano i loro percorsi. A volte giocavo a contarle. Per passare il tempo. Oggi 40, un po’ di più di ieri che erano 35. Ma ora la vista di quella matita argentata che lasciava il suo residuo chimico non mi sembrava più un gioco innocente. Forse era vero che quelle scie contenevano sostanze tossiche: bario, allumino, e che altro. Ma perché avvelenare l’aria? Che cosa stupida, anzi no, cattiva, proprio cattiva! E perché poi? Pare che fosse per non far piovere o per evitare la grandine o per assicurare bel tempo e favorire il turismo. Beh, se fosse stato solo per questo, insomma non sarebbe stato poi un gran male!
“Ma non ricordi di aver letto che alcune potenze militari vogliono sperimentare il controllo sul clima? ”, la voce di Elsa mi riempì d’improvviso la testa. “Vogliono fare la guerra metereologica, mettere in ginocchio con siccità e inondazioni i Paesi su cui hanno interessi politici ed economici. Questo vogliono fare!”
Ma no, perché vuoi dare credito alle voci di pochi fanatici che vedono complotti ovunque ? È più probabile che con queste scie vogliano creare un clima piacevole, senza troppe piogge, a volte anche distruttive, o bloccare la grandine nel momento della fioritura che rovina il raccolto. Perché pensare male?
“Ah, sìììì? E le bombe d’acqua dove le metti, le stagioni che non ci sono più, i ghiacciai che si sciolgono, gli alluvioni e i tornadi che aumentano? E la desertificazione? Hai pensato a dove va a finire tutta quella pioggia trattenuta?”
Che ne so io di dove va a finire la pioggia? Potrei chiedere a te che sai tutto, se sai dove va a finire la grandine che viene trattenuta? Eh, dimmi, non mi rispondi?
Elsa non rispondeva, ma ricordavo le foto di chicchi di grandine grandi dodici centimetri e del peso di quattrocento grammi tra le mani di statunitensi, colombiani ed anche nei giorni passati di italiani. Incredibile! Grandine come pietre! Era vero che il clima era cambiato: anche adesso che era estate, la camicia a maniche lunghe non mi bastava: avevo freddo, ma non freschino, com’è normale nelle prime ore del mattino, ma proprio freddo, come in inverno.
Rientrai in salotto e accesi la TV. Chissà cosa trasmettevano a quell’ora. Solitamente mi alzavo più tardi e, dopo essermi lavato e vestito, scendevo al bar di sotto per fare colazione con cappuccino e brioche. Poi compravo il giornale e tornavo a casa, trascorrendo tutta la mattina tra la sua lettura e le faccende domestiche.
Sulla prima rete c’era un programma scientifico. Stavo per azionare il telecomando (i documentari mi annoiavano), invece rimasi in ascolto, col dito sospeso «…se le temperature globali , secondo i ricercatori, s’innalzeranno di circa 4 gradi centigradi nel corso dei prossimi cento anni, molti vertebrati terrestri non riusciranno a superare le difficoltà generate dal cambiamento del loro habitat. Un cambiamento troppo veloce che rischia quindi di compromettere l’esistenza di molte specie…»
Non avrei dovuto accenderla! Uffa, quanti problemi! La spensi con un gesto nervoso e dopo aver fatto una doccia, uscì a fare un giro nel parco vicino.
L’aria fredda mi diede una sferzata di energia e qualche brivido. Mi strinsi la giacca sul collo e cominciai a camminare tra i vialetti del parco con passo veloce.
Il cielo adesso si era annuvolato e il suo colore plumbeo presagiva l’approssimarsi di un temporale. Le foglie verdi volavano turbinando davanti i miei piedi e l’atmosfera mi richiamava alla mente l’inverno.
«Ehh, non ci sono più le stagioni», stava dicendo una delle due donne anziane sedute in una panchina.
«Non ci si capisce più niente», le rispondeva l’altra.
«Mi fanno male tutte le articolazioni, come in pieno inverno».
«Eppure siamo in estate…»
Mi allontanai in fretta per non sentirle: mi bastavano già tutti i miei di dilemmi.
Alcuni tuoni fecero sentire il loro sordo brontolio e l’aria si fece ancora più umida e fredda. Iniziarono a cadere goccioloni d’acqua. Cercai riparo sotto la tettoia di un chiosco dei gelati che aveva le saracinesche chiuse. Arrivarono anche lì un uomo con i suoi due figli, correndo.
«Accidenti, non potremo andare in gita!», esclamò con disappunto uno dei ragazzi.
«Un po’ d’acqua fa bene alle coltivazioni», disse l’uomo calmo.
«E chi se ne frega delle coltivazioni, a me interessa andare in gita, e con ‘sto tempo, di sicuro oggi non andremo. E per giunta sto morendo di freddo!», ribatté il giovane tremando.
«Sarà colpa dello scioglimento dei ghiacciai…», aggiunse il ragazzo più grande, sciorinando il ricordo di una nozione appresa a scuola.
Già, aggiunsi io, anche lo scioglimento dei ghiacciai sarebbe un bel problema a cui trovare soluzione. Ma parlavo tra me e me.
«Se i nostri politici fossero veramente al servizio del popolo», mi disse il genitore, credendo che volessi fare conversazione con «avremmo risolto da un pezzo tutti i nostri problemi. Ho detto servizio, eh? Non comodo, eh? Altro che inquinamento, frodi alimentari e stagioni balorde!»
Ecco! Perché non ci avevo pensato prima? Le parole dell’uomo avevano acceso una lampadina nel tumulto della mia coscienza. Eureka! Sentivo di aver trovato la soluzione, finalmente. Uscii dal mio riparo e, sferzato dall’acquazzone, feci ritorno a casa. Non comprai il giornale, né andai a fare colazione al bar.
Mi cambiai e mi asciugai saltellando e cantando. Mi sentivo allegro e sollevato, enormemente sollevato. Avevo trovato il mio desiderio: diventare un grande leader politico, onesto e coscienzioso, un leader mondiale col potere di agire per risolvere tutti i problemi causati dalla dabbenaggine umana.
Guardai l’orologio: mancavano ancora sei ore alla scadenza datami dall’omino, o mago che fosse, e cominciavo a credergli: ormai ero entrato nel suo gioco. Mi preparai in fretta qualcosa da mangiare, sentendo il mio stomaco che reclamava con crampi e gorgoglii, e notai che la mia postura era cambiata. Con un biscotto in mano, andai a guardarmi nello specchio del bagno, a mezzo busto: la mia schiena era dritta (non mi faceva neanche più male!) e il mio viso era sereno, col mento proteso in avanti. Cercavo di immaginarmi nelle vesti di un leader. Certo, avrei dovuto essere un po’ più presentabile, magari con un bell’abito scuro. Mi avrebbero dato anche un guardaroba adeguato? E un lifting per le rughe? E la competenze, le capacità, l’arte dell’eloquenza? È logico: avrebbero fatto parte del pacchetto! Come avrei potuto altrimenti affrontare temi di economia, di politica, di risorse e di quant’altro occorre a svolgere quell’incarico con consapevolezza? Adesso non vedevo l’ora di rivedere l’omino misterioso e di cominciare la mia nuova vita. Per placare l’ansia, riaccesi la TV. C’era un servizio sulle religioni nel mondo: si vedeva il papa durante un discorso fatto ad una grande folla attenta dal suo balcone in San Pietro, degli islamici che in massa pregavano all’unisono chinandosi sul loro tappeto, degli induisti che offrivano con devozione corone di fiori alla statua del Budda. Nei volti degli uomini ripresi nel video si percepiva tangibile la speranza, l’emozione, l’anelito verso qualcosa di più grande di loro. Quanto ascendente può avere sugli uomini un credo o un’ideologia? Potrebbe cambiare i limiti umani e trasformare le coscienze verso livelli di maggiore responsabilità e amore?, mi chiedevo. I politici a volte ricevono critiche e il loro potere d’azione è spesso affermato con l’arroganza. Invece, i leader religiosi e i libri sacri, parlano ai cuori, mettendo l’accento sui valori, per ricordarli e fare in modo che ognuno possa estrarre da sé il meglio.
La lampadina dentro di me diventò un faro.
Uhm, forse c’è qualcosa di più che potrei chiedere a Specchio.
Se diventassi un leader spirituale, potrei condurre gli uomini ad un livello di Coscienza più alto. E se gli uomini cambiassero e diventassero Uomini, troverebbero da soli, responsabilmente, le soluzioni a tutti i problemi mondiali, riparando gli errori fatti e portando la Vita in questo pianeta ad un nuovo equilibrio.
Di sicuro, poi, non si ricadrebbe più nell’errore. Che dici, Elsa, ti sembra una buona idea? Ma perché non mi parli? Guarda che ho proprio deciso: diventerò un leader spirituale! Andai davanti lo specchio, quello lungo posto sull’anta centrale dell’armadio e mi guardai. Io, un papa, o un profeta, o un Maestro. Dovrei cambiare la postura, credo, un po’ più umile Martino, umile, ma dignitoso. Vediamo: dovrei indossare una tunica? Bianca, arancio o nera? Dovrei tenere la testa un po’ piegata e le braccia protese, in segno di accoglienza? Fare un gesto di benedizione? Comunque, non so come mi è venuta questa idea, ma credo che sia quella buona per risolvere tutto: Desidero che l’Uomo cresca, che abbia una Coscienza nuova, dei Valori veri, Responsabilità e Rispetto. Voglio adoperarmi per far accadere ciò.
Ora che mi guardavo a figura intera, stentavo a riconoscermi. Il Martino anzianotto, con pancetta, spalle curve e braccia ricadenti, il Martino pantofolaio, pigro, sonnolento e indolente, indifferente a tutto ciò che non fosse la sua piccola routine, non c’era più. Ora vedevo un uomo maturo sì, ma diritto, con lo sguardo vivo e lucido di un adolescente vispo, con un’aura di forza e di dignità che non ricordavo di avere mai visto. Se ripensavo alla mia esistenza fino al giorno prima, ero sconvolto. Come avevo potuto vivere sessant’anni tra fabbrica, casa ed Elsa, TV, partite a carte e giornale, senza mai uscire da questa prigione, col cervello ottuso e spento, nell’indifferenza di ciò che accade nel mondo, senza mai pensare che avrei potuto fare qualcosa per migliorare le cose, per aiutare qualcuno? Addirittura, quando Elsa, insospettita dalle morti di alcuni colleghi, voleva andare a parlare al direttore, io l’avevo pure dissuasa. Si sarebbe messa in cattiva luce, forse avrebbero potuto licenziarla e c’era il mutuo della casa e tante spese da sostenere… Come potevo prevedere cosa le sarebbe successo dopo? Avevo vissuto come una crisalide dentro il suo bozzolo, lasciando fuori il resto del mondo e in quel bozzolo avevo avviluppato anche lei, povera Elsa. Ora avevo bucato quell’involucro e sarei volato nel cielo, proprio come una farfalla dopo la muta. Stavo rinascendo e non sarei più tornato indietro. Anzi, non volevo identificarmi più con quel Martino di ieri e dei sessant’anni prima. Ora ero un nuovo Martino.
Certo che quel mago vero o finto che fosse, sapeva il fatto suo: con quella stupida e fiabesca domanda era riuscito a produrre in me una metamorfosi impensabile. Ci avresti mai creduto Elsa?, guardai la foto dallo specchio: lei sorrideva, un po’ ironica. Mi prendi in giro? Guarda come sono contento, mi sembra di avere trent’anni di meno, mi sento vivo! “
“Un leader carismatico, uhm, sì, ti ci potrei anche vedere. Ma dimmi: quando mai nei tuoi sessant’anni hai ascoltato e messo in pratica i precetti di una qualunque religione?”
Acc… ne dovevo convenire, aveva ragione, era proprio così. Beh, certo, un profeta esorta, consiglia, parla al cuore, ma poi è l’uomo che sceglie, perché per fortuna ha il libero arbitrio. Anche io prima…
“Giusto, tu ci hai messo sessant’anni. E quanto tempo credi che ci vorrà prima che tutti quanti sviluppino la loro Coscienza? Anni, secoli? E intanto la Natura, il mondo, gli uomini e gli animali vanno a rotoli?
Il mago Specchio è riuscito in ventiquattro ore a rivoltarmi come un calzino!
“E come ha fatto? Ti ha convinto con le parole ad essere più altruista, o ti ha dato leggi e divieti?”, incalzò ancora lei.
No, non ha fatto niente del genere. Mi ha chiesto una cosa che mi sembrava proprio balorda… Invece, evidentemente mi ha dato una chiave, la mia chiave, la chiave che io ho usato per dare un giro alla toppa della mia Coscienza.
Come faceva Specchio a conoscere la mia chiave? Forse perché era un mago? E cos’era un mago? Conoscevo il mago di Oz e gli illusionisti, detti maghi dalla TV, che fanno tante cose impossibili, ma che si sa, sono semplici trucchi. Non ne sapevo di più. Bando all’ignoranza, voglio capire di più. Cercherò qualche informazione in una delle enciclopedie che mi hanno rifilato qualche anno fa. …Ecco qui : “Mago: chi usa la magia.” Allora, cerco magia: “La magia è un’arte speciale che si fonda sulla esistenza di forze naturali, poco note o mal note, normalmente sottratte al potere degli uomini. Conoscere tali forze, incanalarle, e utilizzarle, è l’oggetto dell’arte magica. Una tradizione attribuisce alla magia il sapere per eccellenza”. Quindi ,conclusi, il mago è un sapiente che unisce la conoscenza delle Leggi e delle Forze cosmiche alla saggezza. Con queste agisce verso l’evoluzione della Specie Umana e la salvaguardia del Progetto Creativo. Ma guarda un po’…Ed io che ero rimasto al… Che ignoranza! Benissimo! Ora ho capito, so veramente cosa chiedere. Feci un rapido reset dei pensieri precedenti e mi focalizzai sull’ultima deduzione, che sentivo mia nel profondo e che mi dava un senso euforico di appagamento. Presi la foto di Elsa e la stesi sul comodino a faccia in giù. Non mi serviva più vederla. Ormai lei sarebbe stata per sempre una parte di me.
Guardai l’orologio: era quasi l’ora, dovevo prepararmi.
Lavai le ultime stoviglie e le riposi con cura. Mi lavai e pettinai, attendendo il suono del campanello. E se non fosse tornato? Il panico mi arrivò dritto come un pugno nella pancia. No, no, non devo neanche pensarlo… Arriverà…Ecco il suono del campanello, prolungato e insistente. Doveva essere lui, non c’erano dubbi. Aprii con uno scatto la porta e guardai in giù.
Non c’era nessuno.
Poi lo vidi: era seduto sul bordo del corrimano, in una posizione talmente in bilico da far paura: eravamo al quarto piano! Le sue gambe dondolavano ritmicamente insieme alla simil-clessidra, stesso maglioncino giallo sole e il sorriso stampato sul volto fanciullesco che gli arrivava da un orecchio all’altro.
«Salve », non sapevo che dire.
«Allora, Martino», disse Specchio con un tono ufficiale « ci hai pensato? Qual è il tuo desiderio?»
Inspirai bene e dissi tutto d’un fiato:
«Desidero diventare un mago».
Mi ritrovai in un lampo a scivolare velocemente come un ragazzino lungo il corrimano, la simil-clessidra appesa alla cinta che oscillava, maglioncino giallo sole e un sorriso fanciullesco da un orecchio all’altro. Euforia, leggerezza mista a voglia di fare e comprensione amorevole per tutto, riempivano completamente il mio essere. Mi volsi un attimo indietro e vidi di sfuggita un uomo con i capelli bianchi davanti la porta del quarto piano, come cristallizzato nel tempo…
E, mentre volavo come una farfalla fuori dall’androne, nel cuore mi risuonò chiaramente la risata fragorosa della mia cara Elsa.
Ora caro lettore o cara lettrice, sono qui per te, poiché:
sei stato scelto/a tra tanti affinché io possa realizzare un tuo desiderio. Ho fatto un lungo viaggio per trovarti e ti assicuro che sono in grado di realizzare ciò che più desideri. Puoi chiedermi qualunque cosa ed io ti esaudirò. Ma, bada, puoi esprimere un solo desiderio, il tuo desiderio.
Allora, qual è? Dai, dimmi pure, ma che sia solo uno, mi raccomando!