MEGLIO PETTINARSI ALLO STESSO MODO (PAROLE DEL ’68) di Letizia Gariglio
Meglio pettinarsi allo stesso modo (LE PAROLE DEL ’68) DI Letizia Gariglio
Quando attorno al ’50 andarono in scena le prime rappresentazioni di La cantatrice calva gli spettatori parigini furono stupefatti – e qualcuno profondamente infastidito – dall’uso sperimentale della lingua che Ionesco aveva adoperato nel testo. Vi si manipolavano le parole in modo del tutto irriverente, con mescolamento di giochi di suoni e significati, rime, effetti sonori. Il risultato era caustico e velenoso; si mostrava lo spaccato di una società che vi era dipinta vana, colma com’era di personaggi vacui, meschini, ipocriti, piegati a recitare una vita di stereotipi e luoghi comuni. Se a Ionesco andò il compito di segnare una svolta decisiva nel panorama internazionale della storia del teatro – e questo ruolo gli fu riconosciuto da pubblico e critici, l’autore non ebbe lo stesso tipo di accettazione attribuita alla sua opera nei confronti dei ragazzi del ’68 e della svolta che essi cercavano di imprimere alla società.
Mentre il mondo amante del teatro aveva visto nell’autore franco-rumeno una rara e raffinata capacità di manipolare il linguaggio per mettere in discussione una certa società, egli non seppe intravedere, a meno di venti anni dalle prime rappresentazioni della sua opera, la capacità di sperimentare dei ragazzi del ’68. Il drammaturgo non credette alla loro voglia di cercare il senso profondo della vita, di porsi le proprie domande generazionali e di tentare delle risposte. Così, egli scriveva dalle colonne della Gazette de Lausanne (18 maggio ’68): «Io sono del tutto contrario alla rivoluzione del maggio in Francia. …Ciò che in questo momento in Francia viene chiamata rivoluzione, in realtà, come ovunque altrove, viene fatta dai figli delle famiglie che abitano i quartieri chic di Parigi». E aggiungeva le beffarde parole: «Bisogna capire questi poveri ragazzi: gli manca una guerra».
Ahi, ahi, quanto suona fesso questo giudizio che nega agli altri il desiderio di cambiamento. Forse l’autore, sotto sotto, aveva già espresso una sua personale voglia di non-cambiare, quando aveva imbeccato così i suoi personaggi: «A proposito, e la cantatrice calva?», «Si pettina sempre allo stesso modo!»