CARTA PENNA E CALAMAIO – DELLO SCRIVERE (3) di Letizia Gariglio

Dello scrivere (3), d tratto a Amaritudine. Nuova Ipsa Editore, Palermo

Se pareba boves

alba pratàlia aràba

et albo versòrio teneba, 

et negro semen seminaba.

Gira nella testa l’indovinello 

tardo latino o già volgare

che il copista marginò

a lato d’una pergamena

conservata in biblioteca polverosa.

L’indovinello è cosa marginale:

non solo ai lati d’un documento,

anche ai confini di due lingue,

una dotta e moritura, un’altra

grezza e infantile, eppure

destinata a prevalere.

Quali buoi teneva davanti a sé

il protagonista del rompicapo

che arava bianchi prati

con bianco aratro,

seminando neri semi?

Mi piace ricordare il tempo di un nero seme

d’inchiostro sgocciolato dalla punta di pennino,

o meglio ancora da bianca penna d’oca,

che si muoveva su foglio bianco come aratro,

capace di lasciare il segno su terreno.

Ora guardo i miei dieci buoi appoggiati

in attesa di agire su terreno elettronico,

e domando alla tastiera: dov’è finito

il bianco aratro?

Il computer non risponde,

ma nessun turbamento 

invade il biancore del suo schermo.

L’amanuense fu attore e autore

di ribelle atto referenziale,

nello scrivere su di sé su margine 

di membrana. Le mie personali 

ribellioni sono tenute e bada

da diverse necessità ma un dubbio

m’invade: e se lo strumento volesse

insorgere, disubbidiente, e al pari 

di provocatorio amanuense

intendesse trasgredire ai miei ordini

per descrivere la sua scrittura?

Accidenti, vorrei essere io a controllarlo!

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