IL GIOCO DELLA VITA: PRIMA di Wanda Scuderi
Il Gioco della Vita: Prima di Wanda Scuderi
Fluttuavamo leggeri nell’etere luminoso esultando di gioia: avevamo appena portato a termine co successo una delle nostre missioni: aiutare uno di noi ad incarnarsi. Inizialmente avevamo faticato un po’, perché Alen (il nostro soggetto), consapevole che la vita che lo aspettava sarebbe stata difficile e complicata, si era impaurito e si mostrava riluttante a nascere in quel corpo così limitato. Ma il nostro sostegno nel ricordargli i benefici che quelle prove avrebbero apportato alla sua crescita spirituale – se fosse riuscito ad affrontarle nel modo più corretto e utile, naturalmente – avevano vinto poco a poco le sue resistenze e, alla fine, si era tuffato con coraggio e determinazione in quella piccola forma.
Io invece, qualche tempo prima non ce l’avevo fatta e, nonostante gli incoraggiamenti degli aiutatori, alla fine avevo rinunciato a quell’incarnazione: così la donna che ospitava l’embrione – che in un primo tempo io stesso avevo prenotato – aveva avuto un aborto spontaneo.
«Ma perchè? Cosa ti è preso?» mi chiedevano gli altri in coro. «E’ successo semplicemente che ci ho ripensato!», rispondevo ai miei amici costernati. «Purtroppo ci ho ripensato», invece avrei dovuto dire… col senno di poi. Certo, lo sapevo bene che la rinuncia era un’azione contraria al Grande Disegno, ma, in quel frammento di tempo la situazione mi era scappata di mano e la paura aveva prevalso sulla consapevolezza. Ora, in fondo me ne dolevo, ma ormai era troppo tardi e non potevo immaginare cosa ancora mi aspettava….
Nella mia rinuncia avevo coinvolto anche i miei compagni di viaggio, quattro entità selezionate accuratamente, che avrebbero condiviso con me gli aspetti karmici comuni e le vicende di quella incarnazione. In quel gruppo di Anime sarei stato io a prendere le decisioni e a scegliere le azioni da fare. Quindi, i miei sfortunati compagni avevano dovuto subire la mia scelta e, dato che, secondo la Legge, «chi rinuncia all’occasione offerta da una incarnazione, passa in coda e lascia posto alle anime più ardimentose», essi dovettero attendere un bel po’ per avere una nuova occasione. E in quanto a me… Certamente sarei passato in coda anche io, questo me lo aspettavo, ma, inoltre, dato che ero stato l’artefice di quella disgraziata scelta, fui messo in disparte per un periodo – che a me sembrò infinito – solo e isolato da tutto e da tutti, per riflettere sulla mia mancanza di coraggio e sull’opportunità evolutiva – momentaneamente perduta – offerta dal Mondo delle Forme.
Per aiutarmi a comprendere meglio, mi avevano circondato di immagini che si snodavano davanti, dietro e ovunque intorno a me, che mi facevano ripercorrere tutti i momenti in cui nelle varie vite vissute avevo agito da vigliacco, causando dolorose, o a volte anche tragiche, conseguenze agli altri: quella volta in cui ero stato una donna e avevo abortito per paura dei pettegolezzi che mi avrebbero travolto, o quell’altra in cui per paura non avevo denunciato un crimine di cui ero stato testimone, e anche quella in cui non mi ero autoaccusato di un reato commesso e altri avevano pagato al posto mio…
Quel bombardamento emozionale non mi permetteva di sfuggire alle responsabilità delle mie azioni e mi produceva un sentimento di rammarico, tanto doloroso quanto utile, che mi faceva prendere atto dei miei sbagli e delle occasioni di crescita perdute. Fu così che giunsi alla conclusione che certamente alla prossima occasione non mi sarei tirato indietro. Anzi sorse dal mio profondo un ardente desiderio di rilanciare! Ma come avrei potuto farlo? Ebbi un’idea geniale quanto insolita: proposi ai miei tutors di diventare io stesso un aiutatore alle incarnazioni, offrendo questo lavoro per compensare il buco evolutivo che avevo prodotto. Temevo che mi avrebbero riso in faccia, se ne fossero stati mai capaci, dato che erano sempre solenni e seri.
«Ma come proprio tu, il rinunciatario, vuoi convincere altri a nascere? Come osi chiedere questo?», immaginavo che mi avrebbero risposto.
Invece, inaspettatamente la mia richiesta venne accolta, anche se percepii in loro qualche titubanza.
Esultai sorpreso: è vero che poteva sembrare assurdo, ma avevo fatto questa proposta pensando che, aiutando altri, avrei aiutato anche me stesso a superare la Grande Paura, la paura di incarnarsi.
Sul perché di questa Grande Paura avevo meditato a lungo e avevo tratto delle conclusioni.
L’esistenza immateriale ha certamente diversi vantaggi: rende liberi di esprimersi, di muoversi usando solo il pensiero, di espandere la Coscienza, di acquisire le conoscenze desiderate, di seguire le proprie vocazioni in sintonia con altre anime affini, e tanto altro. E quindi è comprensibile che il momento dell’incarnazione rappresenti una prova assai temuta, a cui tanti rinunciano.
Qualcuno si è mai chiesto perché tanti bambini alla nascita hanno il cordone attorcigliato nella gola e corrono il rischio di strozzarsi?
Ma se il Mondo delle Forme è stato creato proprio per consentire la crescita e lo sviluppo delle Anime, e quindi abitare le Forme e fare tutte le esperienze possibili in esse è lo scopo principale della Creazione, perché allora tanta riluttanza?
Avevo capito: è solo una questione di ignoranza, che poi è dimenticanza. Più si è ignoranti e più si è lontani dai veri scopi della Creazione, dimentichi della provenienza di ciascuno da quell’Essere Divino, che si è frantumato in tanti individui-cellule per evolversi e crescere. Immemori che la Crescita è una necessità che può avvenire solo tramite l’esperienza nelle Forme fisiche, abitandole per frammenti di tempo. Ma qual è il fine di tutto questo? Ci pensai a lungo e cercai nella mia vacillante memoria, negli angoli più reconditi del mio essere, il quel frammento di Coscienza divina sepolto nel profondo, nel filo conduttore di tutte le mie vite vissute, e, alla fine trovai la risposta. C’era un grande e ambizioso progetto alla base: quando tutte le esperienze possibili saranno state vissute, quando tutti i limiti e le paure saranno stati superati e tutta la conoscenza sarà stata acquisita, allora e solo allora, tutte le cellule divine potranno ricostituire la Divinità Primeva che ci aveva generato. Ed Essa, finalmente, con tutte le sue parti riunite, purificate e cresciute, potrà realizzare il suo grande desiderio: avvicinarsi all’Unico e abbeverarsi di più alla sua ambita e ineffabile Fonte d’Amore.
Però, pensavo, come doveva essere stato doloroso per la Divinità frantumarsi in tante cellule! Forse quanto poi per ogni cellula dover entrare nelle Forme!
Finalmente avevo portato a consapevolezza che l’incarnazione è una limitazione assolutamente necessaria, un mezzo evolutivo, l’unico mezzo forse. Finalmente i veli dell’ignoranza si erano dissipati e mi sentivo motivato e cosciente di cosa serve fare per andare avanti, verso la complessità.
Ero certo che non avrei più sbagliato in futuro, e avevo anche intuito l’espediente che la Divinità aveva usato per rendere appetibile l’incarnazione: un quid, che si attivava al momento opportuno, un anelito emozionale fortissimo, un pressante desiderio verso la materia e le sue intense esperienze sensoriali – e se i sensi fossero stati creati per fare da richiamo? – che funzionava come attrattore magnetico verso il Mondo delle Forme. Quasi sempre.
A volte, no. Infatti, come nel mio caso, non era bastato a bilanciare la mia resistenza a lasciare un mondo di libertà e armonia.
Tornando a me, dato che la mia proposta come aiutatore alle incarnazioni era stata accolta, mi dedicai con ardore al nuovo compito e dopo (se di un dopo si può parlare in una dimensione dove il Tempo è un “non-tempo”) aver aiutato tanti ad incarnarsi, compresi che il mio lavoro era stato premiato: mi sarebbe stata concessa un’altra occasione. Ne fui molto felice e ben presto cominciai a sentire il quid – già così presto? Non me lo aspettavo! – quel fremito, quel turbamento emozionale che sorgeva dal profondo, che prendeva tutto l’Essere e diventava via via curiosità, desiderio struggente e poi l’impellenza di provare quella nuova esperienza.
Ero tutto vibrante e radioso e avvolto da mille domande. Dove e da chi sarei nato? Come si sarebbe svolta la mia vita? Sarei stato un uomo o una donna? Povero o ricco? Sano o malato alla nascita? E se fossi nato con degli handicap? Quali prove avrei dovuto affrontare? Quale sarebbe stata la mia Missione di vita?
I Signori del Karma mi mostrarono due coppie di possibili genitori. Avevo la facoltà di scegliere quale sarebbe stata la mia Famiglia tra le due, pertanto, in ognuna di loro avrei dovuto sviluppare lo stesso Obiettivo di Crescita: il coraggio e la forza di affrontare situazioni e cambiamenti che gli eventi mi avrebbero posto davanti, nonché la capacità di affermare me stesso.
Era ovvio: in quella incarnazione avrei dovuto colmare i miei limiti e asseverare i miei propositi.
La prima coppia era formata da due sposi, molto giovani e non molto colti: la donna aveva un carattere possessivo e iperprotettivo, l’uomo era un po’ rigido e antiquato. In questo contesto familiare e culturale sarei stato imbottigliato in una vita piatta e tradizionale, da cui avrei potuto sganciarmi solo sviluppando il coraggio e la fiducia nel mio pensiero e nelle mie scelte.
La seconda coppia, più matura, era invece di ceto alto e mi poteva offrire una vita agiata e comoda. Ma anche se quei genitori mi avrebbero potuto lasciare maggiore libertà di azione, le mollezze del lusso mi avrebbero comunque avvolto nelle pastoie e sarei potuto diventare abulico e ozioso, o peggio ancora vizioso. Anche in questo caso avrei dovuto sviluppare molta determinazione per liberarmi dalle regole e dagli sfarzi di quella società per portare avanti i miei progetti personali.
Mi ispirava di più la coppia giovane non molto colta e decisi che quelli sarebbero stati i miei genitori. L’ambiente culturale limitato non mi spaventava e confidavo nell’ipotesi che in quell’ambiente forse avrei potuto trovarvi più amore.
C’era anche un’altra cosa che dovevo programmare: la mia Missione utile al Grande Progetto.
Elaborai un’idea finalizzata a dare il mio personale contributo e la presentai ai miei Tutor: sarei diventato una grande artista e avrei sviluppato eventi e occasioni di crescita per tanti.
La mia idea fu pienamente approvata: ne ero fiero e speravo ardentemente che sarei riuscito a portare a termine il progetto, cosa per niente scontata, pur con la mia buona volontà dell’adesso, poiché, dopo la mia nascita avrei perso la memoria del “prima”…
Ma queste erano le regole del Gioco. Il Signore dell’Oblio sarebbe stato l’artefice della cancellazione dei ricordi durante i miei primi anni di vita: avrei dimenticato non solo i contenuti della mia Missione, il mio Obiettivo di Crescita, la consapevolezza di avere dei compagni di Viaggio con cui collaborare, ma anche la mia esistenza da disincarnato, il ricordo delle vite già passate e quant’altro avesse potuto distogliermi dalla mia nuova esperienza, che invece dovevo vivere pienamente, come unica e totale. Avrei dovuto ricostruire pezzo dopo pezzo ogni proposito, avvalendomi degli eventi che i Signori del Karma mi avrebbero posto durante la vita, e di qualche elemento che poteva affiorare nei miei sogni, se fossi riuscito a ricordarli e a dar loro il giusto valore…
L’idea dell’Oblio non mi piaceva proprio. Amavo tantissimo i miei amici disincarnati, compagni di avventure e imprese, e i miei tutors, che chiamavo Padri Bianchi, perché irradiavano luce bianca. Loro seguivano saggiamente e amorevolmente il percorso di crescita di tanti di noi e la loro guida mi era di stimolo e conforto. Non poterli incontrare e non poter usufruire dei loro saggi e preziosi consigli una volta nato, mi rattristava non poco. Così provai a chiedere che mi fosse lasciato qualche buco nel velo dell’Oblio, affinché mantenessi qualche barlume della loro esistenza, pur essendo consapevole che senza i ricordi di chi ero, di chi e di cosa avevo lasciato, avrei vissuto meglio la piccola esperienza temporale nelle Forme.
Poi venne il momento di conoscere la formazione della mia Struttura Cristallina d’Anima.
I Signori del Karma mi presentarono i miei compagni di viaggio, assegnando ruoli e compiti specifici ad ognuno di noi. Io sarei stato nuovamente a capo del gruppo, il responsabile delle scelte di vita, e quindi il protagonista del film di quella vita, forse in collaborazione di qualcun altro di loro. Ci dissero anche che avremmo avuto un corpo femminile. Personalmente questa notizia mi lasciò indifferente: per me maschio o femmina erano esperienze interessanti in entrambi i casi. Ma la scelta del mio gruppo invece mi preoccupò un poco, in quanto alcuni personaggi non mi erano molto simpatici. Comunque cercai di accoglierli al meglio: saremmo stati compagni di avventura, imbrigliati nello stesso corpo, forse era meglio rassegnarsi. Mi fu detto che altri se ne sarebbero aggiunti nel tempo, se il lavoro fatto su me stesso fosse risultato adeguato alle aspettative.
Scelta la Famiglia, la Missione, l’Obiettivo di Crescita e il gruppo con cui avrei formato una Struttura Cristallina d’Anima, ero pronto per la nuova esperienza.
Per esplorare le persone e l’ambiente della mia nascita, mi recai più volte e da solo nella casa in cui i giovani sposi vivevano e cominciai le ricognizioni di conoscenza dei miei futuri genitori.
Inizialmente ero curioso e distaccato: percepivo la donna come una nuvola azzurra densa di emozioni e pensieri tra cui prevaleva l’anelito di diventare madre come obiettivo principale della sua vita. Invece l’uomo lo vedevo avvolto da un turbine variopinto di colori in cui spesso era immerso e che lo estraniavano dalla realtà circostante: infatti non sentivo per niente il suo pensiero rivolto all’idea di diventare padre. Osservavo la coppia, attratto specialmente dai momenti in cui facevano l’amore, e i loro effluvi energetici formavano bolle di cui golosamente si nutrivano gli Spiriti degli Elementi presenti e anche io. Una volta, al termine di un amplesso, vidi chiaramente accendersi una piccola scintilla nel ventre della donna e in quel magico istante una vibrazione intensa agguantò prepotentemente tutto il mio essere. Ci siamo, pensai, sono stato concepito! La mia emozione era incontenibile e si trasmise agli altri compagni della struttura cristallina, osservatori dell’evento. A quel punto iniziò la mia partecipazione attiva a quella vita: cominciai ad alimentare energeticamente la morula e, successivamente, l’embrione che si sviluppava, collegandomi ad esse con un sottile filo di luce argentea. Agivo da solo come il pioniere che colonizza un territorio. Osservavo con interesse e curiosità la crescita cellulare, l’aumento della sua massa fisica, lo sviluppo degli organi e le connessioni sempre più complesse che avvenivano tra loro: ero stupito e ammirato dalla grandezza di quella Creazione. Andavo e venivo dal Mondo astrale per alimentare il mio futuro corpo, gradualmente, delle mie caratteristiche, sempre più affascinato ed attratto da esso. Dovevo ammetterlo: quella forma carnea mi attraeva irresistibilmente e ne cominciavo a sentire l’appartenenza e la proprietà. Poco dopo anche uno dei miei compagni aggiunse il suo filo argentato al corpicino e continuammo insieme a fare avanti e indietro tra le Forme e l’Astrale, riuscendo a soffermarci un tempo sempre più lungo lì vicino, per osservarne la crescita. Gli altri si sarebbero aggiunti un po’ per volta, mentre il feto aumentava il sostegno alle nostre presenze energetiche. Suoni, colori, odori, iniziarono ad arrivarmi dai giovani sensi che si formavano, facendo fremere di vibrazioni il mio corpo sottile. Intanto anche le emozioni e i pensieri della gestante cominciarono ad aggiungersi ai miei: imbarazzi, ritrosie, turbamenti, ansie, dispiaceri, frustrazioni, vanità, fierezza, orgoglio, timidezza, creatività, tutto si mischiava in me, e mi creava un turbine di sentimenti complessi. Stavo conoscendo un altro essere incarnato dal suo interno! Che straordinaria esperienza! Sentivo i rumori dei suoi organi, il movimento dei suoi fluidi, le dinamiche chimiche del suo corpo, e poi le sue emozioni, che, nel male e nel bene, coinvolgevano anche gli organi e le funzioni del mio piccolo corpo, ora accelerando i battiti del cuore, ora alzandomi la pressione del sangue. C’era come uno schermo intorno a lui/me in cui si riflettevano le immagini dei pensieri della donna, e, a volte, anche quelli delle persone presenti nell’ambiente o del suo sposo. Quando lei gli si avvicinava, mentre egli era intento a dipingere, percepivo l’innata creatività dell’uomo osservando ammirato i vortici radianti che emanava e che si intersecavano e inanellavano tra loro. Fu così che conobbi i colori e cominciai ad amarli ancora prima di nascere.
Lei invece amava leggere dei libri ed io apprendevo così, suo tramite, la struttura del linguaggio locale, e ricevevo anche informazioni che poi andavo ad approfondire nella grande Biblioteca Astrale, che adesso frequentavo spesso. Lo studio mi entusiasmava tantissimo! Prima, per me quel luogo era solo un gran caos, un pozzo senza fondo di conoscenze e di saperi poco comprensibili a cui non sapevo come attingere, mentre adesso, usando le parole e le frasi captate da quella nuova realtà, ricavavo le chiavi di accesso e decodifica di quella grandissima e meravigliosa banca dati….
Era una condizione unica, tutta a vantaggio di chi si sta per incarnare e ha un piede nell’Astrale e l’altro nelle Forme. Chissà perché quel Dio buontempone ha messo tutti i saperi della specie umana, nonché ricerche, studi, e scoperte, alla rinfusa nell’Astrale, mentre le chiavi di decodifica, che permettono di accedere e prelevare queste informazioni, si trovano nelle Forme…
Che invece abbia fatto questo un nemico della specie umana, per ostacolare l’Evoluzione?
Peccato che, una volta nato, avrei perso quell’accesso!
Intanto erano iniziati i primi contrasti con la mia compagna di struttura d’anima, Alb, con cui più di altri avrei condiviso la nuova esperienza. Era molto perspicace e intelligente, ma aveva una determinazione molto forte e facevo fatica a dominare i suoi impulsi. Anche lei non mi tollerava molto: mi trovava debole e troppo sentimentale. La cosa mi preoccupava. Se anche gli altri che sarebbero arrivati un po’ alla volta sarebbero stati così critici ed esuberanti, la mia armonia personale ne sarebbe stata compromessa! Mi lamentai della situazione col mio tutor, che ancora fortunatamente potevo consultare. La sua risposta fu sorprendente: Alb mi era stata affiancata per farmi da pungolo verso una maggiore propositività, ed io le sarei stato utile per ammorbidire la sua rigidità. Dovevo saperlo che nulla era casuale o sbagliato in quel programma! Accettai la situazione e mi riproposi di utilizzare meglio quella impensata risorsa. Intanto, aver approfondito la conoscenza della mia genitrice, me la faceva sentire sempre più vicina e mi accorsi che stavo cominciando a provare amore nei suoi confronti, mentre Alb la riteneva solo un mezzo da cui estrarre più conoscenze possibili. Anzi, poiché la donna aveva una sensibilità eccessiva e straripante, la mia compagna, per non essere troppo coinvolta, manteneva verso di lei un certo necessario (secondo lei) distacco.
Cominciai a provare a muovere il piccolo corpo e la trovai un’impresa difficilissima. I movimenti si traducevano in scatti e colpetti che, per la gestante e il resto della famiglia erano fonte di gioia e piacevole sorpresa, e per me un mortificante modo di usare quel corpo per cercare di comunicare.
Purtroppo non riuscìi a farmi capire. Allora provai a inviarle delle immagini o dei pensieri, ma lei li confondeva con i suoi… Così provai a contattarla nel sogno, ma lei non era abituata a prestarvi attenzione e forse da sveglia non li ricordava neppure. Nel tempo, aumentando la complessità del corpo in formazione, altri due compagni si aggiunsero a noi e, tramite le loro corde argentate, iniziarono anche loro a irradiare le loro caratteristiche. Quando il feto era praticamente completo, ma ancora un po’ gracile, la situazione relazionale del nostro gruppo diventò più difficile e complessa, ma a risolverla ci pensò Alb, che con la sua fermezza, mise a tacere tutti quanti e impose loro di rimanere momentaneamente latenti e inagenti e di lasciarci libera la consolle di comando. Mentre si avvicinava il momento della nascita, facevo delle visite sempre più rade e brevi ai miei amati Padri Bianchi e provavo un grande rammarico all’idea di non poter più incontrarmi con loro da lì a poco. Essi mi sorridevano un po’ sornioni e sperai che quel raro sorriso fosse un incoraggiamento: non mi avrebbero realmente abbandonato e avrei potuto ancora contattarli in qualche modo.
Ed ecco che finalmente arrivò il giorno della mia nascita. Si annunciò con un fremito simile ad una scossa che proveniva dalle parti più profonde di me e si trasmise immediatamente al piccolo corpo in gestazione. Le gambette, prima ripiegate, si tesero, puntando nella parte alta dell’addome della donna. Capii immediatamente che era arrivato il grande giorno. Fu molto emozionante, ma anche molto traumatico. Ero immerso in un miscuglio di liquido amniotico, di sangue, di ormoni, di suoni violenti e di urla, mentre mi vorticavano intorno turbini di emozioni mie, dei miei compagni, di mia madre (ora sentivo di poterla chiamarla così) e di tutte le altre persone intorno. C’era molta concitazione e tutto quel frastuono mi dava fastidio. Accidenti, non capivano che desideravo tranquillità e silenzio! Era il mio momento catartico: dovevo lasciare il corpo che mi aveva protetto e ospitato e trasformarmi in un individuo autonomo! Dovevo tuffarmici dentro! Sarei diventato lui per un tempo indefinito! Avevo bisogno di prepararmi all’evento… Noi avevamo bisogno di prepararci all’evento… E, poi, dovevo riuscire a fare una cosa molto, molto difficile: dovevo rimpicciolire il mio essere al massimo, rallentare le mie/nostre vibrazioni per adattarne la frequenza a quel corpo fisico e, fatto bene tutto questo, cogliendo il ritmo del pacchetto temporale giusto, dovevo entrare velocemente in quel minuscolo involucro, così da abitarlo e possederlo completamente! Da quel momento saremmo proprio stati un tutt’unico!
Ecco che mi riappariva il terrore e la voglia di mollare… Basta, avevo già sbagliato e pagato l’errore! Nooo, adesso non avrei ceduto! Non stavolta! Sentii la preoccupazione di Alb e il sostegno della sua forte determinazione. Mi fu di grande aiuto. Percepii anche la presenza sollecita e premurosa dei miei ex-amici aiutatori delle incarnazioni. «State tranquilli, vado avanti», inviai loro il pensiero, mentre sentivo una fortissima attrazione verso una fonte luminosa che intravedevo davanti la mia testa fisica, e che diventava sempre più grande. Era una luce strana, diversa da quella diffusa ovunque nel mondo astrale: questa era particolarmente accattivante e stuzzicava la mia curiosità… Imposi a tutto il gruppo la necessità della riduzione spaziale come sforzo finale, ed io, per primo feci il mio grande atto di coraggio: diminuii il vuoto tra le particelle che componevano il mio essere, rimpicciolii al massimo l’estensione del mio corpo sottile, mi compattai fino ad ammassarmi come un piccolo grumo stellare, rallentai al massimo la mia frequenza vibrante, e, con un guizzo finale, mi tuffai insieme agli altri, anch’essi ridotti e rallentati, dentro quell’involucro di carne.
L’impatto fu tremendo: sentii l’aria entrare bruscamente nel corpo che ora abitavo, e questa mi provocò un bruciore intensissimo, così, nel tentativo istintivo di espellerla, produssi dei suoni stridenti e terribili: era il mio pianto e per la prima volta sentii la potenza della mia voce. Chissà quante cose avrei potuto fare con quel magico e vibrante strumento! Lo esercitai a lungo, sia per il piacere di provare il nuovo apparato, ma anche perché c’era una luce così abbagliante intorno a me, che anche lo strumento visivo che possedevo cominciò a darmi dolore. Il dolore, eccolo qui!, pensai, ricordandomi in quell’attimo di averlo provato tante volte nelle vite passate! Scoprii che potevo far spegnere quella luce muovendo alcune piccole membrane. Ecco, ora andava meglio ed anche il bruciore dentro si stava attenuando. Nel frattempo era arrivato il quinto compagno di viaggio, spaventato e traumatizzato più di me e degli altri, perché giunto proprio nel momento più traumatico della riduzione.
Entrò anche lui e risentii la mia voce urlante: un’altra presenza con cui convivere, uffa!
Mi tuffarono dentro l’acqua e questo mi e ci calmò perché l’acqua era un elemento amico, già sperimentato nella gestazione. Ma poi mi stropicciarono e mi maneggiarono bruscamente – non capivano che stavo appena riscoprendo le percezioni che mi inviava la mia pelle? – mi arrivavano sensazioni a volte poco piacevoli, altre volte gradevoli, che avevo totalmente dimenticato.
Temevo fortemente che mi lasciassero cadere per terra o che mi rompessero. Ma guarda, pensai meravigliato, come già questo piccolo e ingestibile corpo mi stia così a cuore, tanto da temere che si possa danneggiare!
Poi mi cacciarono e infilarono dentro altri involucri stretti e pressanti. Qualcosa mi pungeva e mi strisciava sulla pelle. Ma perché mi volevano ottenebrare la sensorialità tattile? Non mi avevano avvisato che avrei avuto anche ulteriori corpi intorno… Che fastidio!
Finalmente, dopo tutti questi shock, venne il momento più bello! Mi avvicinarono a quella che compresi doveva essere la mia mamma e, mentre percepivo il suo calore e il suo rassicurante odore – ora sentivo anche gli odori! -, mi arrivò dentro qualcosa di molto piacevole, un liquido simile a quello in cui per diverso tempo ero stato immerso e che avevo assaggiato, ma questo era più tiepido e confortante. Decisamente piacevole! Che cosa meravigliosa il gusto!, pensai. Riempii di questo liquido le mie cavità e questo mi rilassò e tranquillizzò anche i miei compagni di viaggio. Finalmente mi abbandonai e ci abbandonammo totalmente a vivere gioiosamente e con spirito d’avventura lo stupendo Gioco della Vita.