CARBURANTE PER LA DEMOCRAZIA (II PARTE) di Letizia Gariglio
Nell’articolo precedente abbiamo invocato un po’ di carburante per la democrazia, intravedendo una crisi diffusa di questa forma di governo.
Credo che quasi tutti noi contemporanei, cittadini di paesi occidentali, siamo ben lieti di vivere in paesi a forma di governo democratico. È una soddisfazione che abbiamo acquisito fin dalla nostra infanzia, apprendendola in modo quasi automatico, e su cui abbiamo posto un fondamento per la nostra soddisfazione di esistenza nel mondo, dopotutto con scarsi dubbi.
Già a scuola e fin da subito in famiglia ci hanno insegnato quanto siamo fortunati a vivere in regime democratico, e quanto fossero inferiori i regimi precedenti: monarchia o aristocrazia. Divenendo adulti abbiamo elaborato qualche scetticismo in più, comprendendo che anche la forma democratica è in realtà sottoposta a un rischio prevedibile di decadenza, passibile di coinvolgimento in un processo per così dire naturale, che gli antichi chiamavano oclocrazia.
L’oclocrazia è uno stadio di governo di cui per primo parla Polibio nelle Storie (Libro VI), dove esprime la teoria della ciclicità delle forme di governo. L’oclocrazia è in sostanza la forma degenerata della democrazia, come l’oligarchia è la forma degenerata dell’aristocrazia, e la tirannide di quella della monarchia. Per ricercare qualche esempio nel passato potremmo pensare alla forma della Repubblica di Roma antica che sfociò in una fase oligarchica per poi approdare al Principato, oppure alla Rivoluzione francese che terminò nell’era napoleonica, la Rivoluzione bolscevica che approdò alla tirannia staliniana; Mussolini arrivò al fascismo dal socialismo; anche il nazionalsocialismo nacque da una profonda adesione di popolo per arrivare alla propria deriva. Ora a siamo nella fase democratica, nata dal bruciare in cenere del fascismo e dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale.
Nella concezione di Polibio lo stadio di degenerazione della democrazia è dovuto ad una sorta di atomizzazione del popolo che da unitario e dotato di una propria autocoscienza, si trasforma in una moltitudine e diviene preda di figure dominanti, che lo danneggiano. La massa, pur credendo di esercitare capacità di discernimento e autonomia propria, diviene strumento nelle mani di alcuni che oggi definiremmo manipolatori, o gruppi di potere, e viene condotta al disgregamento. I gruppi di potere impongono il perseguimento dei propri interessi (finanziari, economici, ecc.) contro gli interesse della collettività.
Finché la democrazia si barcamena lasciando (quasi) vivo il diritto dei cittadini di partecipare attivamente ai risultati della vita politica si può dire tale; quando si constata la perdita di questi diritti e, chissà come, chissà per volontà di chi, questi diritti sono evidentemente perduti, forse si è già usciti dalla democrazia, si è già nell’oclocrazia.
Per esempio, forse non siamo più in democrazia quando in un paese cosiddetto democratico come la Romania si vedono annullate elezioni perfettamente regolari e poi si esclude il candidato vincente, come è accaduto a Georgescu, inviso alla UE, privato della possibilità di partecipare alle elezioni di maggio dopo che erano state annullate quelle di novembre che aveva vinte. Forse non siamo più in democrazia quando si esclude dalla corsa politica la francese Le Pen, interdetta dei pubblici uffici e dichiarata ineleggibile per escluderla dai giochi elettorali, oppure quando in Gran Bretagna viene chiuso il conto bancario a Nigel Farage, malgrado la banca Coutts Bank abbia ammesso di averlo fatto per pure ragioni politiche. Forse non siamo più in democrazia quando il partito tedesco AFD viene depennato dai giochi politici elettorali e indicato come organizzazione estremista in grado di mettere in pericolo la democrazia stessa, negando tuttavia le possibilità reale di scelta attraverso il voto. Forse non siamo più in democrazia quando viene sbattuto in carcere un avvocato come Reiner Fullmich per aver denunciato grandi scandali a favore del green. Forse non siamo più in democrazia, asserviti come ci troviamo a una UE che costituisce un’edificazione del tutto artificiale, creata da una elíte ristretta e imposta ai cittadini europei. Forse non siamo più in democrazia quando lo studio della letteratura russa (non ve ne è una più grande, secondo il mio modesto parere!) viene esclusa dalle università a causa della situazione geopolitica.
Che dire? Non vi sembra un po’ agonizzante la democrazia?