LA VOCE IMPAZIENTE. VIAGGIO NELLA POESIA di Grazia Valente (16, 17, 18)

16. Il poeta che urla in silenzio

Italo Calvino scriveva, riferendosi all’opera dello scrittore, che «ogni storia nasce da una specie di groppo lirico-morale che si forma poco a poco e matura e si impone …». Se non si riesce a sciogliere questo groppo, così da farlo diventare creazione poetica, allora la materia rimane inerte, e la voce del poeta parla soltanto al poeta stesso. Egli, per così dire, urla in silenzio, all’interno della propria anima. Il groppo rimane groppo, non si scioglie.

17. La poesia risuscita ciò che è morto

Del resto, la poesia è, in qualche misura, colei che risuscita ciò che è, o che sembrava, morto, sepolto per sempre. Lo fa rivivere. E si ritorna allora al discorso sull’emozione autentica, quella ricreata a tal punto da essere quasi rivissuta. Quella che ri-suscita, suscita di nuovo.

                                   lascia il tuo mondo

                                   e vieni dentro al mio

                                   pieno di fiori

                                   e di foglietti appesi

                                   dalla finestra aperta

                                   la poesia

                                   come una foglia

                                   mi si posa ai piedi

Qui la poesia, raffigurata come una foglia, entra dalla finestra come se questa fosse il nostro sguardo. Quasi che la foglia, staccandosi dal ramo e quindi morendo, chieda di essere raccontata.  Come qualcosa di finito che vuole ritornare a vivere, anche se in modo diverso. Nell’evento è anche presente un momento di casualità: la foglia per caso è entrata nel nostro sguardo, sospinta dal vento (quindi, mossa da una causa esterna). A intendere, forse, che bisogna restare ad aspettarla e non andare a cercarla chissà dove. Ciò che conta, è lasciare aperto lo sguardo-finestra.

Inoltre, vengono messi in evidenza due mondi contrapposti: quello concreto, esterno, della vita quotidiana, e il mondo della poesia, nel quale avviene la trasfigurazione del nostro vissuto. Un mondo, quello della poesia (i “foglietti appesi”) volutamente raffigurato in modo antiaccademico, quasi bohémien, per offrire un’immagine di leggerezza ma anche di gradevolezza (“i fiori”), lontano dal chiuso polveroso delle biblioteche ma che, proprio per la sua levità, è in grado di raggiungere tutti. Ma al quale non si vuole dare troppa importanza. E ancora: la foglia che si posa ai piedi sta a significare come non basti che la poesia ci si riveli, noi dobbiamo comunque chinarci (ecco ancora la fatica della creazione) e forse anche inchinarci (il rispetto dovuto alla creazione). 

In questa analisi quasi psicoanalitica che andiamo facendo, la forma dubitativa da noi usata potrebbe apparire strana, dal momento che noi stessi siamo gli autori delle poesie.  Al contrario, questa è la riprova di come spesso il significato di molte poesie si definisca meglio a posteriori, quasi che, al momento della genesi, parte del senso autentico fosse rimasto oscuro allo stesso poeta (ma della necessità di uno sguardo ulteriore parleremo nell’apposito capitolo).  A conferma del fatto che la poesia arriva davvero da profondità nascoste, e la volontà cosciente del poeta è presente solo in parte.

18Il mondo del poeta

Ma qual è il mondo del poeta?

dentro di noi

                                   senza che nulla affiori

                                   un altro mondo

                                   è vivo

                                   e germoglia

È quello più nascosto, dal quale il poeta attinge e trae la sua ispirazione. 

È il mondo delle emozioni, delle rimozioni, delle cose non dette. Solo se questo diverso mondo è attivo, pulsante dentro di noi, può germogliare la poesia. Non è però del tutto vero che “nulla affiora”. Talvolta si intravede qualcosa, magari qualche gemma che somiglia però a una bacca velenosa. Infatti non è scritto da nessuna parte che il mondo interiore debba essere necessariamente gradevole, attraente, “buono”, popolato dai cosiddetti “buoni sentimenti” spesso portatori di poetiche melensaggini retoriche. Al contrario, all’interno di questo nostro mondo può esservi un coacervo di aggressività, di passioni non controllate, di ambiguità. e molto altro ancora.  Un fiorire di bacche velenose. Purché il poeta sappia far sentire a chi lo legge l’amaro del veleno sotto la lingua.

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